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Agosto, tempo di esodo. Esodo ha sinonimo in evacuazione.

Penso che un programma di governo che si rispetti dovrebbe porsi come obiettivo finale quello di fare in modo che gli appartenenti alla propria comunità non debbano avere bisogno di andare in vacanza. Apriti cielo a dirle certe cose. Pare che uno sputa in faccia a chi non oggi arriva manco alla terza settimana, una volta era la quarta, che altro che vacanza, neanche una pizza si può permettere. Il fatto è che la vacanza, così com’è concepita, è uno sbocco, nel senso viscerale del termine, di tutto un anno di privazioni e frustrazioni. Se uno stesse bene lì dov’è sfrutterebbe qualche settimana all’anno per un viaggio. Scegliendo per il viaggio la settimana più consona al tipo di destinazione. Invece no. Si parte tutti allo stesso momento, più o meno, per gli stessi luoghi. E come per i matrimoni si paga il doppio quello che fuori da quello stato di ebbrezza collettivo costerebbe la metà.
E, infatti, si chiama esodo perché è un momento di emergenza. Una fuga. E non a caso l’esodo ha sinonimo in evacuazione. Fulvio Abbate giustamente inorridito, preso dall’orrore degli artisti che hanno epiteli fini, fili di rame senza guaina e dunque scopertissimi, giusto qualche giorno fa si è infilato dentro al bagno, di fronte al gabinetto, e ha registrato un video di disperazione contro i vacanzieri professionisti. Quelli che organizzano borghesemente la paccottiglia di evasione dove bisogna assolvere al compito ruotinario evasivo dopo quello quotidiano invasivo.
Quelle delle vacanze è la bulimia dopo l’anoressia. Dopo 11 mesi a non mangiare manco un’ombra di sole ecco che in qualche settimana se ne prende una tonnellata e mezza. E sotto la cute presa a timpulate dall’abbronzatura infila gelati e pesce fritto cotto nell’olio del dopo sole. I paesuzzi del Sud lungo la costa hanno le fogne che urlano vendetta. Ecco perché la mattina le colazioni sono improfumate dall’esodo pomeridiano del giorno prima.
Poi, con questa rovina che sono le compagnie low cost fatte a posta per portare alla rovina anche i poveri e fortunati individui che in vacanza non ci potevano andare, abbiamo reso insicuri e sgradevoli tutti i voli. Anche quelli che uno deve fare per forza. Ci sono hostess che, picciutti miei, non si possono guardare. Una volta erano dei pezzi di sticchio che altro che nuvole, sì che ti sentivi in paradiso lassù. Poi non ne parliamo del fatto che a guidarli gli aerei ci sono pure le donne. Ho fatto un viaggio con Easyjet, la compagnia di bandiera di Malpensa, verso Copenaghen con questo comandante fimmina che aveva due minne che gli arrivavano fino a sopra la cloche. In dialetto nordico ci dissi: – Che tecnica di pilotaggio usiamo per l’atterraggio? Tutta manetta o spagnola? -.
Il guaio del capitalismo applicato alle vacanze è questo: se pochi devono avvantaggiarsi rispetto a tanti, occorre innanzitutto mettere i tanti fuori posto. Tutti a fare quello che non vogliono fare nel posto dove non vogliono stare. Tipo quei picciuteddi che dopo aver studiato qualche facoltà, tutti a spremersi le meningi, vengono messi a tipo polli d’allevamento a fare e consultare grafici excel nelle banche d’investimento. Là dove si pianifica da lontano a tipo droni i prossimi tanti cui metterla in quel posto.
Orazio diceva che la felicità è qui a Ulubra. Orazio mio, Ulubra l’hanno caricata sul portapacchi sopra la familiare e si sono messi in viaggio verso di lei e ancora non la stanno trovando.



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