A breve Matteo Renzi sarà chiamato a rapporto da Bruxelles. A interrogarlo sullo status quo dell’Italia sarà Jyrki Katainen, commissario Ue agli Affari Economici e Monetari subentrato a Olli Rehn e come lui finlandese. Che non è stato tenero con Matteo fin dall’esordio. “Discutere di una maggiore flessibilità nell’interpretazione del Patto di Stabilità è pericoloso, è un dibattito sbagliato e per l’Italia è più importante varare finalmente le importanti riforme”, aveva detto al giornale tedesco Die Welt a metà luglio, come riporta ad esempio l’Huffington Post. Nessuno stimolo che passi attraverso una crescita del debito per i “Paesi vulnerabili che non possono farlo e la cui crescita debole non è solo un problema ciclico, ma è il risultato di una scarsa competitività”.
LE RICHIESTE INSOLUTE DI REHN
C’è da credere che l’esame non sarà dei più facili. E senza lavorare troppo di fantasia è altamente probabile che Katainen prenda spunto dalla richiesta di chiarimento di Olli Rehn alla lettera che gli aveva inviato Silvio Berlusconi nel novembre 2011. Un lungo elenco di domande, 39 distribuite su cinque pagine A4, in cui si facevano le pulci su ognuna delle parole e delle promesse usate dall’ex premier. Sono passati tre anni e da allora poco è cambiato, secondo gli osservatori.
FINANZA PUBBLICA SEMPRE PIù INSOSTENIBILE
Cosa è stato fatto per esempio per rendere la finanza pubblica sostenibile?, si chiederò Bruxelles. Il governo Berlusconi si era impegnato a consolidare le finanze pubbliche e ad attuare misure correttive se un deterioramento del ciclo economico avesse portato a un peggioramento del deficit. Il dato sul debito parla chiaro: se a fine 2011 ammontava a 1900 miliardi oggi sfiora i 2200 miliardi a cui ora si aggiunge il dato sul Pil nel secondo trimestre a -0,2%.
DISMISSIONI A SINGHIOZZO
Nel promemoria di Rehn vengono citate le dismissioni di società pubbliche. L’ultimo tentativo di portare in Borsa nomi come Fincantieri (che ha dovuto ridurre l’offerta per mancanza di domanda e per lo Stato l’incasso è stato circa 350 milioni, rispetto ai 600 preventivati) e Poste (che proprio ha dovuto ritirarsi) la dice lunga sullo stato dell’arte.
E persino sulle pensioni, poi riformate ulteriormente da Elsa Fornero tra le lacrime, l’Europa ci aveva bacchettati: e chiedeva di abolire quelle di anzianità che consentono tuttora di ritirarsi in età troppo giovane, o almeno di renderne più rigidi i criteri di eleggibilità, e di equiparare in tempi più rapidi l’età pensionale delle donne a quella degli uomini.
QUESTIONE FISCALE
Mentre la pressione fiscale sugli italiani ha raggiunto la ragguardevole quota del 53%, constatiamo che forse a una delle domande di Rehn l’Italia ha risposta: quella in cui chiedeva a Berlusconi come intendesse trasferire le tasse dal lavoro ai consumi e agli immobili, forse con la reintroduzione dell’Ici? Non c’è stata l’Ici, ma la più salata Imu e forse su questo la Commissione non dibatterà oltre.
CRESCITA E LAVORO CHE NON CI SONO
E veniamo alla crescita. C’è una questione singolare che Rehn affrontava e che riguarda la sospensione dell’erogazione di fondi strutturali Ue a quelle Regioni italiane che non hanno saputo utilizzarli: e che rimanda direttamente all’inefficienza della Pa e alla sua necessaria riforma (oggetto di un altro capitolo di domande), che è poi uno dei cavalli di battaglia del nostro premier attuale.
QUESTIONE SCOLASTICA
Come lo è, almeno sulla carta, la scuola: il primo dei punti affrontati da Rehn nel capitolo capitale umano. Dove il finlandese ci ricorda i nostri insoddisfacenti risultati ai test Invalsi e chiede dettagli su come si intende riprogrammare l’istruzione e soprattutto su come valorizzare il ruolo degli insegnanti.
DOSSIER LAVORO
Anche sul mercato del lavoro, con la disoccupazione che supera il 12% e quella giovanile sopra il 42,5%, non sono stati fatti molti passi in avanti, anzi: per la Commissione nel 2011 i punti critici erano – e ancora sono – il lavoro giovanile e femminile e il numero eccessivo di contratti in essere (46). A Berlusconi Rehn chiedeva conto di misure concrete, con dettagli su novità come il credito di imposta per le imprese che offrono lavoro nelle aree disagiate e i licenziamenti per ragioni economiche.
Competitività, innovazione e incentivi alle Pmi, riforma della giustizia, infrastrutture e trasporti, riforma della Costituzione: le questioni sono tutte sul tappeto e la verità è che noi i compiti non li abbiamo fatti.