Le nazioni occidentali hanno sempre saputo che la loro riluttanza a intervenire nella guerra civile in Siria avrebbe comportato solo un incremento di morte e distruzione per i civili siriani. Ora, quegli stessi Paesi stanno diventando penose testimonianze delle gravi conseguenze che il duraturo conflitto sta avendo anche sulla loro sicurezza interna. Secondo i funzionari antiterrorismo e numerosi esperti indipendenti, il numero dei nuovi musulmani europei radicalizzati che si riversano per combattere con le milizie jihadiste in Siria è più che raddoppiato nel 2013, mentre la guerra si avvia verso il suo quarto anno consecutivo.
Anche se le cifre variano notevolmente, le stime degli specialisti indicano che tra i 2mila e i 3mila cittadini europei stanno effettivamente acquisendo attrezzatura da combattimento e competenze in materia di esplosivi come parte della loro lotta anti-Assad. Praticamente, tutti sono considerati una formidabile potenziale minaccia terroristica il cui ritorno a casa finale è solo una questione di tempo. “Che i numeri siano esatti o meno, quello che stiamo sentendo dagli altri servizi di sicurezza (europei) è in linea con il notevole aumento dei radicali francesi aderenti al jihad siriano a cui abbiamo assistito” dice un alto funzionario antiterrorismo francese, che ha parlato a condizione di anonimato. “Si sta ormai andando in un’altra dimensione, diversa da tutto ciò che la maggior parte dei Paesi ha visto prima. Più grande dell’Iraq, dello Yemen e – in molti modi – addirittura più grande dell’Afghanistan.
I rischi sono già grandi e continueranno a crescere, come continua la guerra siriana”. Le autorità francesi affermano che, durante lo scorso anno, l’ondata di estremisti in erba che è andata in Siria per unirsi alle forze radicali è salita da 500 a 600 unità. All’inizio di quest’anno un funzionario del governo francese ha indicato un numero più vicino a 700. Queste cifre sono in linea con le stime ottenute dai servizi di sicurezza del Regno Unito dal giornale The Telegraph, che ha riferito che circa 500 cittadini britannici stanno combattendo in Siria. È inoltre risaputo che ci sono grandi gruppi di reclute provenienti da Belgio, Germania e Paesi Bassi. Anche i Paesi che non hanno mai registrato una significativa migrazione radicale, come la Finlandia e la Svizzera, includono i loro cittadini tra i combattenti stranieri in Siria.
Gli europei costituiscono solo una parte di quella legione straniera del jihad. Aaron Y. Zelin, dell’Istituto di Washington sulla politica del vicino oriente, esperto di jihad siriano, ha calcolato che dal 2011 un numero compreso tra 3.300 e 11mila stranieri ha raggiunto la Siria per aiutare le milizie anti-Assad. Egli stima che il numero sia salito sopra 8.500 (anche se si ritiene che una certa parte di quel totale sia tornata a casa in occidente). Gli europei rappresentano quasi il 20% della stima fatta da Zelin sulle reclute straniere in Siria. Le autorità francesi suggeriscono che la rappresentanza europea potrebbe essere addirittura superiore, valutando l’attuale numero di cittadini europei potenzialmente coinvolti nella guerra siriana all’incirca sopra le 2mila unità.
La relativa vicinanza della Siria e la facilità di transitare attraverso una popolare destinazione di vacanza come la Turchia hanno reso il jihad siriano allettante per i giovani radicali europei. Quei volontari si stanno già dimostrando diversi dalle precedenti generazioni di estremisti delle guerre di confine. “Queste persone provengono da ogni nicchia sociale, economica, educativa, etnica e persino religiosa e sfuggono alla maggior parte dei profili standard di possibili jihadisti che abbiamo avuto in precedenza”, dice il funzionario. “Stiamo assistendo, rispetto a quello che abbiamo visto negli ultimi anni a più convertiti all’islam radicalizzarsi – spesso attraverso il web – e unirsi a gruppi estremisti. Ma si assiste anche a donne che partono per unirsi alla lotta, alcune con bambini piccoli, in alcuni casi intere famiglie.
Sta diventando difficile restare sorpresi nel vedere chi arriva in Siria, perché i volontari provengono da qualsiasi categoria o sfondo sociale”. Le autorità francesi affermano che le reclute in Siria non stanno adottando il basso profilo dei radicali europei che in passato sono andati in Afghanistan, in Iraq e in Yemen. Una volta arrivati nel Paese, inoltre, la maggior parte degli europei diffonde le loro attività e le loro imprese attraverso i social media o con le chiamate a casa a parenti e amici, in parte per incoraggiare altri potenziali jihadisti a seguire il loro esempio. Il citato funzionario afferma: “È una spensieratezza che i leader tradizionali del nucleo di al Qaeda non avrebbero mai tollerato, perché compromette il potenziale di quegli stessi combattenti che tornano in incognito a casa per lanciare attività terroristiche.
Per come stanno le cose adesso, è abbastanza facile identificare solamente chi è in Siria – o è ritornato e sta esortando altri a unirsi alla lotta. Ma le cose cambiano quando i leader jihadisti, in Siria e altrove, decidono di internazionalizzare la loro lotta e ordinano alle reclute di mascherare la loro identità e i loro movimenti ancor prima di partire per unirsi alle milizie siriane”. Secondo il funzionario francese, le forze di sicurezza in tutta Europa prevedono che i leader jihadisti istruiranno i combattenti europei ad aderire alla loro guerra santa al di là dei confini della Siria, una volta tornati a casa dalla lotta ad Assad.
“Nella maggior parte delle situazioni, avrebbero poco da perdere scatenando cellule terroristiche in Europa e tenderebbero a vedere come logica tale attività nella loro visione più ampia del mondo”, dice il funzionario. E conclude: “Non ci aspettiamo che la Siria sia molto diversa dall’Afghanistan – tranne forse nel senso che rappresenta una minaccia ancora più grande”.
Bruce Crumley è autore di Syria Deeply, www.syriadeeply.org
Articolo pubblicato sul numero di luglio 2014 della rivista Formiche