L’Africa, che tutti fanno precedere dal possessivo “mia”, per rafforzare almeno a parole l’attenzione a lei rivolta, costituisce uno snodo geopolitico per le superpotenze del mondo. Difficilmente però l’attenzione per le risorse naturali, dal petrolio ai minerali che il sottosuolo africano custodisce, si traduce in iniziative concrete.
L’Occidente verso l’Africa si comporta alla fine come la società benpensante nei confronti del portatore di handicap o del bambino down. Coccarde, manifestazioni, retorica, battimani, battipetto, ma senza poi in fin dei conti riuscire a svestire il pietismo coprendolo con un’azione politica coordinata che abbia come obiettivo quello di rendere l’Africa indipendente dal resto del mondo. Mai sia. Il riflesso condizionato è la premura di accompagnarla a fare pipì mentre una telecamera riprende il gesto, in cambio della 104, la pensione di accompagnamento versata in petrolio e bauxite.
“Fare affari” in Africa è più facile che “fare” e basta. Perché i mandarini neri hanno tanta buccia e poca polpa. La buccia è splendida, ricamata a Parigi nelle migliori École, solo che, esaurita tutta la carica diplomatica, persino applicare la proprietà commutativa della somma è complicato in Africa. E, infatti, le fogne sono a cielo aperto. I bambini senza mangiare. I doveri non negoziabili inapplicati. Le imprese che vanno a lavorare in Africa infilano i propri dipendenti in grossi preservativi disegnati da Oliviero Toscani dove questi progettano, fanno e disfano permettendo alle loro imprese di prendersi più di quello che danno.
Sarebbe solo un colpo di cabaret elencare le personalità della politica e non italiane che si sono spese a favore del continente nero. Ci manca solo Schettino. Ma è questione di tempo. Loro gli africani, che ne hanno in abbondanza, (si) tocchino ferro.
Se l’Est è l’essere e l’Ovest è l’esistere, l’Africa è l’inizio e la fine di tutto. E non si può fare nulla in Africa senza, prima, penetrarla attraverso un rito iniziatico.
Il fatto è che agli Occidentali va poi a finire sempre come a John, il regista interpretato da Clint Eastwood in “Cacciatore bianco, cuore nero”. Prima di iniziare le riprese del film, a costo di far imbestialire la produzione preoccupata del lievitare dei costi, John è ossessionato dalla necessità di uccidere un grosso elefante, il suo animale iniziatico. Quando però si trova finalmente a tu per tu di fronte alle imponenti zanne dell’elefante John non riesce a premere il grilletto e a farne le spese, manco a dirlo, è Kivu la guida africana.