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L’Italia in crisi, contro la retorica della speranza

In questi giorni, per ragioni del tutto diverse dalla questione “crisi” mi è stato detto che bisogna avere grandi aspettative, dare speranza e dunque guardare molto in avanti, così da ridare alla gente quella fiducia necessaria per poter “andare avanti”.

Con questo articolo mi attirerò diverse antipatie, ma tant’è. Per me il “dare speranza” è pura retorica. Una retorica dannosa. Con la scusa della “speranza” si tacciono le miserie reali, i problemi quotidiani e la gravità della situazione in cui versiamo. Questo, badate bene, vale per la vita di tutti i giorni così come per le grandi questioni. In altre parole: sono contrario alla retorica della speranza sia che essa venga applicata tra individui e individui (micro) gruppi e gruppi (meso) individui-gruppi e Stati (macro).

Sì, perché una dose di sano realismo è secondo me più efficace e dirompente che non un tranquillante. Sì, quando si è un po’ su di giri, un po’ di relax fa bene, ma troppo relax alla lunga ci rende incapaci di reagire. E questo alla fine è più pericoloso che non prendersi una bella botta in fronte, ma poi rialzarsi e fare tesoro della brutta esperienza.

E dunque eccoci qua, con questa speranza sparata a pioggia un po’ ovunque, con queste grandi narrazioni (bha) che devono ridarci fiducia, ottimismo e farci riscoprire le glorie del passato aureo ormai andate perse. E la chiamano speranza?

Diciamo invece la verità, ogni tanto, per quanto dolorosa, sarà pur sempre una sana responsabilizzazione e un aut-aut alle coscienze: questa è la situazione, nessuno vi salva, o ne prendete atto e reagite, o siete persi.



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