«Il 60° della morte del card. Ildefonso Schuster non può passare invano nel pontificato di papa Francesco. Schuster fu un Vescovo povero con il cuore rivolto a Dio, per una Chiesa concretamente “in uscita”, ed attento ad essere con tutti, Re, primi ministri, occupatori, partigiani, uomo di Dio e “povero cristiano” in mezzo agli ultimi».
Sono parole di Mons. Ettore Malnati, Vicario Episcopale per il Laicato e la Cultura della diocesi di Trieste che, allo “storico” arcivescovo di Milano (lo è stato per ben 25 anni, dal 1929 al 1954), ha dedicato una rievocazione nel giorno (30 agosto) nel quale ricorre contemporaneamente la festa liturgica ed il 60° anniversario dalla morte (cfr. Un pastore tutto di Dio e per il popolo. In memoria del 60° anniversario della pia morte del cardinale Schuster, in Vita Nuova. Settimanale cattolico di Trieste, anno 94, Trieste 29 agosto 2014, p. 8).
“SPLENDETTE COME UN GIUSTO”
Dal Beato Alfredo Ildefonso Schuster (1880-1954), che è stato innalzato agli onori degli altari da Giovanni Paolo II il 12 maggio 1996, il vicario dell’Arcivescovo-vescovo di Trieste Mons. Giampaolo Crepaldi, «nel giugno 1953 ricevette la prima Comunione e la Cresima e ne porta un indelebile ricordo». «Ancora oggi – prosegue Malnati – anche nel sottoscritto è impresso nell’animo il ricordo del Beato cardinale, per la sua pietà, per la sua amabilità e tenerezza verso gli ultimi e per la sua vita ascetica. La gente vedeva in lui un nuovo San Carlo Borromeo».
Il card. Schuster nacque a Roma il 18 gennaio 1880. Dopo aver abbracciato giovanissimo la vocazione monastica, nel 1904 fu ordinato sacerdote nella basilica di San Giovanni in Laterano. A 28 anni fu maestro dei novizi, poi fu nominato procuratore generale della Congregazione cassinese ed, infine, assurse alla massima carica benedettina di abate ordinario dell’Abbazia di San Paolo fuori le mura a Roma.
Il 15 luglio 1929 fu quindi creato cardinale da Papa Pio XI e, il 21 luglio, consacrato arcivescovo di Milano, iniziando così il suo ministero di vescovo nella Chiesa ambrosiana che durò fino al 30 agosto 1954, data della sua morte, avvenuta presso il seminario di Venegono, da lui fatto costruire come un’abbazia in cima ad un colle.
AMORE PER LO STUDIO E LA LITURGIA
L’amore per lo studio e, in particolare la passione per l’archeologia, l’arte sacra, la storia monastica e liturgica, che fecero di Schuster un vero figlio di san Benedetto da Norcia, non gli vennero mai meno nonostante i gravosi impegni civili e religiosi che dovette affrontare come arcivescovo di Milano. Come Pastore, egli prese come modello il suo predecessore il San Carlo Borromeo e di lui imitò anzitutto lo zelo nel difendere la purezza della fede, nel promuovere la salvezza delle anime, incrementandone la pietà attraverso la vita sacramentale e la conoscenza della dottrina cristiana. A testimonianza di ciò sono le numerose lettere al clero e al popolo, le assidue visite pastorali, le minuziose e dettagliate prescrizioni specialmente in ordine al decoro del culto divino, i frequenti sinodi diocesani e i due congressi eucaristici. La sua presenza tra il popolo fu continua e costante. Per questo non mancò mai ai riti festivi in Duomo, moltiplicò le consacrazioni di chiese e altari, le traslazioni di sacre reliquie.
Quando il 30 agosto 1954, negli ultimi minuti di vita, decise di congedarsi dai suoi seminaristi rivolse loro queste parole: «Voi desiderate un ricordo da me. Altro ricordo non ho da darvi che un invito alla santità. La gente pare che non si lasci più convincere dalla nostra predicazione, ma di fronte alla santità, ancora crede, ancora si inginocchia e prega. La gente pare che viva ignara delle realtà soprannaturali, indifferente ai problemi della salvezza. Ma se un Santo autentico, o vivo o morto, passa, tutti accorrono al suo passaggio. Ricordate le folle intorno alla bara di don Orione? Non dimenticate che il diavolo non ha paura dei nostri campi sportivi e dei nostri cinematografi. Ha paura, invece, della nostra santità».
ANNO DEI RELIGIOSI: FINE DEI “COMMISSARIAMENTI”?
Questo monaco che, nei tragici anni dei totalitarismi e della “guerra civile italiana” (1943-1948), fu chiamato a guidare la difficile diocesi ambrosiana, «Splendette come un giusto» secondo Mons. Malnati e, «nel prossimo anno della vita consacrata, è fulgido esempio di chi veramente tutto ha lasciato per essere tutto di Dio e del suo popolo» (art. cit.). Il 2015, infatti, come annunciato da Papa Francesco a fine novembre 2013 incontrando i Superiori generali degli Istituti maschili, sarà un anno dedicato interamente alla vita religiosa, in una fase delicata nella storia della Chiesa con il commissariamento, appena ultimato ma ancora per certi versi problematico, della Congregazione dei Legionari di Cristo e quello, ancora dolorosamente perdurante, dei Francescani dell’Immacolata (cfr. I Francescani dell’Immacolata e l’assedio del «pensiero unico», in Formiche.net, 30 aprile 2014).
Il 31 gennaio scorso, annunciando in conferenza stampa quest’anno dedicato alla vocazione ed alla missione dei religiosi, il cardinale João Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, ha specificato che il Santo Padre l’ha deciso proprio in occasione del 50° anniversario della promulgazione del Decreto conciliare Perfectae caritatis (28 ottobre 1965), “sul rinnovamento della vita religiosa”, che per la Chiesa continua ad essere un punto obbligato di riferimento. Nella solenne concelebrazione che darà inizio ufficiale all’Anno della Vita consacrata, che si avrà nella Basilica di san Pietro il 21 novembre 2014, Giornata mondiale “Pro orantibus”, ci si augura che possa finalmente venire a definizione la vicenda dei Francescani dell’Immacolata, giovane comunità di religiosi, fondata dagli ex frati Minori Conventuali padri Stefano Manelli e Gabriele M. Pellettieri il 2 agosto 1970 e riconosciuta di diritto pontificio da Giovanni Paolo II nel 1998, che da oltre un anno è ancora in sospeso (cfr. I primi nove mesi di “quarantena” dei Francescani dell’Immacolata, in Formiche.net, 18 marzo 2014).
LA PREGHIERA
Come ha spiegato ad esempio la storica Elena Nobili nel libro Ildefonso Schuster tra storia e rinnovamento cattolico (2012), il Beato benedettino è stato proprio l’uomo nel Novecento dedito al rinnovamento liturgico e della vita religiosa che, in Italia, passerebbe proprio attraverso una vivace ripresa del francescanesimo. Viene quindi bene nel prossimo Anno della vita consacrata la recita di quel passaggio della preghiera a lui dedicata: «Padre origine di ogni bene, noi ti lodiamo e ti ringraziamo perché nel beato cardinale Alfredo Ildefonso Schuster ci hai donato e fatto conoscere un pastore mansueto e infaticabile, uomo “tutto preghiera”, testimone della pace che tu solo sai donare. Signore Gesù, Figlio di Dio, tu sei stato per il cardinal Schuster modello di vita: per tuo amore fu servo appassionato di tutti, consumando ogni giorno della sua esistenza perché ciascuno potesse trovare te, Signore della vita, della pace e della gioia. Il suo esempio ci stimoli e la sua preghiera ci accompagni, perché anche noi doniamo la vita al servizio di ogni essere umano».