I fatti iracheni degli ultimi giorni hanno portato alcuni commentatori a proporre la nascita di uno stato curdo o ad affermare, come ha fatto il Movimento Cinque Stelle, che sia inevitabile la creazione di stati mono-etnici formati dalle popolazioni che sarebbero state mischiate dagli europei volontariamente dopo la fine dell’impero ottomano.
Queste affermazioni, a mio parere, contengono molte inesattezze. La prima è confondere i curdi, o i turcomanni, che sono minoranze culturali, con gli sciiti o i sunniti che sono invece gruppi religiosi, la seconda è affermare che l’impero ottomano avesse aree omogenee che potessero essere rese stati dalle popolazioni omogenee.
Si trattava infatti di un’entità politica in cui convivevano migliaia di popolazioni e religioni che si erano mescolate grazie a una certa tolleranza e grazie al fatto che l’Islam non ha alcun Papa. Questa assenza di un interpretazione unica del Corano ha fatto sì che storicamente fossero i capi politici e non religiosi a comandare. Anche nel mondo islamico non sottomesso dagli ottomani la situazione non mutava.
L’India, governata per secoli da musulmani, è ancora a maggioranza politeista. Il contrasto è forte se si pensa a cosa fecero gli spagnoli o i portoghesi con i nativi sudamericani. In Bosnia Erzegovina non si possono chiamare di etnia bosniaca i musulmani, croata i cattolici e serba gli ortodossi. È una semplificazione fallace, perché si tratta per lo più di vicini di casa che dopo la conquista degli ottomani si convertirono all’Islam (in una delle sue tante varianti) e di altri che rimasero fedeli alle religioni precedenti. Solo una minoranza sono gli avi degli immigrati di oggi.
Questo discorso vale per tutti i paesi dell’area da Sarajevo fino al Nord Africa. Se oggi esistono stati mono religiosi, come per esempio la Grecia e la Turchia, questo è stato possibile grazie a massicci spostamenti di popolazioni. Per esempio nel 1923 si ebbero due diversi movimenti di genti, in direzione opposta: i cristiani dell’Anatolia vennero trasferiti in Grecia, mentre i cittadini greci di fede islamica furono trasferiti in Turchia. Tale vicenda coinvolse circa due milioni di persone e fu ufficializzata con il Trattato di Losanna, sottoscritto dai governi greco e turco. Lo stesso avvenne anni dopo tra India e Pakistan, con la differenza non piccola, che Gandhi non obbligo’ i musulmani ad andarsene, tanto che per fortuna in India ce ne sono a milioni.
Altrettanto non si può dire per gli induisti in Pakistan, che furono invece tutti cacciati. In regioni come la Siria e il Libano, dove le minoranza sono rimaste, si è risolto in due modi opposti. in Siria con un partito, quello bahatista, che ha tentato, almeno alle origini, di far convivere le infinite chiese, moschee e religioni misteriche presenti nel paese, utilizzando come collante il nazionalismo arabo. Mentre nel secondo caso, quello libanese, inseguendo un sogno di un paese a maggioranza cristiana e minoranze islamiche.
Il Libano dopo una guerra civile di 15 anni è risorto, pur se fragilmente, e ha creato uno stato basato sulla suddivisione del potere per comunità religiose. Oggi i gruppi cristiani, sunniti, e sciiti raggiungono ognuna il trenta per cento.
La Siria, invece, piombata negli ultimi anni in una guerra civile tra le più sanguinose, è nel caos. Il medesimo discorso vale per l’Iraq: è impossibile separare le genti divise in differenti gruppi religiosi e culturali. Per esempio la maggioranza degli iracheni è sciita, ma al contrario della maggioranza dei loro vicini iraniani, sono arabi e non persiani, i sunniti possono essere invece sia curdi che arabi.
Ci sono poi nel paese una minoranza di sciiti turcomanni, cultura presente anche in Iran in modo minoritario, per non parlare dei cristiani delle varie chiese o degli yazidi. L’Egitto del generale Al Sisi ha la bellezza di dieci milioni di cristiani, che sono egiziani come i musulmani, ma semplicemente non si sono convertiti alla nuova religione quando furono conquistati dagli arabi.
Sorge allora spontaneo chiedersi cosa sia all’origine di queste politiche disastrose, quasi centenarie, avvenute in molti paesi a maggioranza islamica. A mio parere vi sono due ragioni principali, una politica e l’altra religiosa. La prima è l’applicazione a queste aree di concetti politici europei, come il nazionalismo, che già aveva creato disastri in stati etnicamente più omogenei come i nostri, causando ben due guerre mondiali. Per esempio l’Unione Europea è nata proprio per porre fine a queste teorie politiche. La seconda è religiosa: dagli anni venti nell’Islam sono nate correnti di pensiero riformatrici che predicano la fine dell’interpretazione libera del Corano e la sottomissione, pena la morte o il carcere, di chiunque non sia d’accordo.
Con la nascita del fondamentalismo islamico è nata la guerra alla libera interpretazione che per secoli ha caratterizzato la religione musulmana. È partendo da questi due punti che penso bisogna iniziare una riflessione con l’insieme delle società mediorientali e islamiche se vogliamo uscire dal questa impasse.