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Ecco come lo Spazio va riformato

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

E’ noto che l’attività spaziale è settore chiave per lo sviluppo globale, con profonde ricadute economiche, sociali e strategico-politiche, nel medio e lungo termine.

Caratterizzata da costante e forte dinamica, il settore spaziale, peculiarità dei paesi più avanzati ed a maggiore peso strategico, non conosce crisi; nonostante le difficoltà dell’economia mondiale, gli investimenti, sia pubblici che privati, sono costantemente in ascesa (314 miliardi di dollari nel 2013; +3% rispetto al 2012).

Crescente è il numero dei Paesi che decidono di investire nei progetti spaziali: ciò genera nuovi impulsi alla innovazione ed alla competizione internazionale. Molti altri ambiscono ad entrare nel club spaziale. Ciononostante soltanto una decina di nazioni, tra cui l’Italia, possono considerarsi in possesso di un ampio spettro di tecnologie abilitanti e di una consolidata capacità industriale sia per progettare e realizzare sistemi spaziali (satelliti, lanciatori, moduli abitati) che per gestire complesse missioni e fornire servizi satellitari.

In Europa il settore ha una posizione stabile, con tendenza di crescita negli ultimi 5 anni è (36.200 occupati nel 2013 ; +1,5% rispetto al 2012). La Francia, grazie alle sue strategie e le politiche industriali di lungo termine è, nei fatti, Paese sempre dominante in Europa; le recenti joint venture aerospaziali francesi, pilotate anche a livello governativo e la nascita del colosso Airbus-Safran suscitano preoccupazione in Europa, anche per il potenziale condizionamento industriale sule future scelte europee (in particolare nel settore dei lanciatori).
Illuminante il differente peso attribuito ai programmi spaziali dalla Francia rispetto all’Italia: nel 2014 ogni cittadino francese spenderà per il settore 32,3 euro; meno di 9 euro pro-capite in Italia.
Il governo tedesco ha recentemente dichiarato di voler aumentare gli investimenti per i prossimi anni e far pesare maggiormente il proprio ruolo in Europa. Posizione analoga del Regno Unito.

La controtendenza italiana

In chiara controtendenza con la tendenza mondiale, con evidente autolesionismo, l’Italia ha ulteriormente ridotto nel 2014 il budget annuale della Agenzia Italiana portandolo a 500 milioni di euro, circa il 30% in meno rispetto al budget che complessivamente era disponibile 5 anni fa; fondi appena sufficienti per coprire gli impegni europei, che praticamente azzerano la possibilità di avviare nuovi progetti nazionali.
Con intervento di urgenza del nuovo presidente dell’ASI, si è salvaguardato temporaneamente la continuità del programma Cosmo SkyMed di II generazione, per il quale si già investito, tra ASI e Difesa, oltre un miliardo di euro.

La crescita delle capacità tecnologiche in Italia

L’Italia, che può vantare lunga tradizione spaziale, grandi protagonisti e pionieri, grazie a 50 anni di continuo e crescente impegno l’Italia oggi si posiziona all’ottavo posto tra i Paesi ad alto sviluppo spaziale, stabilmente terzo in Europa, anche nella partecipazione finanziaria ai programmi dell’ESA.
Inoltre è partner spaziale, storico e privilegiato, degli Stati Uniti (negli anni recenti in ambito della Stazione Spaziale Internazionale/ISS), interconnessa con una fitta rete di collaborazioni internazionali.

Gli occupati diretti nel settore sono valutabili (in mancanza di dati aggiornati) in circa 6000 unità.
Fattori determinanti della crescita, sia industriale che scientifica, sono stati:
– la continuità dei finanziamenti del Piano Spaziale Nazionale (nato nel 1980);
– il ruolo molto attivo svolto dalla Agenzia Spaziale Italiana (istituita nel 1988);
– l’efficace partecipazione alle attività dell’ESA, in particolare ai Programmi Applicativi.
Si è di fatto costituito un sistema, sia pure acefalo per mancanza di un diretto coinvolgimento del governo, costituito da agenzia spaziale, grande e piccola industria, enti di ricerca ed università. Ciò ha, solo in parte, sopperito alla permanente disattenzione politica.

In tal modo, grazie alle idee progettuali ed iniziative avviate e sviluppate con successo nei primi venti anni di vita della ASI, il comparto ha raggiunto (non senza sofferenze) riconosciute posizioni di eccellenza internazionale. In particolare nelle aree: Costellazioni di Satelliti di Osservazione Duale Radar ad Alta Risoluzione e le relative Applicazioni (Cosmo SkyMed), Piccoli/Medi Sistemi di Lancio (VEGA), Moduli Abitati della Stazione Spaziale.
Eccellenza raggiunta anche nell’area dei piccoli satelliti scientifici, particolarmente congeniale alla PMI, le cui iniziative sono state inopinatamente interrotte negli ultimi anni.
Notevoli le difficoltà incontrate per affermarsi in Europa e modificare in parte assetti preesistenti; le ambizioni italiane in aree cruciali, come i piccoli/medi sistemi di lancio hanno incontrato, soprattutto nella fase di europeizzazione di VEGA, palese ostilità da parte francese.
Nelle Osservazioni della Terra è stato determinante il peso politico derivante dalla collaborazione con la Difesa.
Si è nel contempo sviluppata una PMI molto attiva e specializzata, ancora oggi non compiutamente valorizzata, distintasi per l’attitudine alla collaborazione con università e istituti di ricerca.

Le grandi occasioni perdute 

L’Italia ha perduto grandi opportunità commerciali nelle telecomunicazioni satellitari (che rappresentano circa il 90 % dell’intero business spaziale) non solo a causa della mancanza di qualsiasi lungimirante politica spaziale, ma anche per effetto di gravi errori e di una visione miope della grande industria.

Primo Paese europeo sin dagli anni Sessanta ad operare nei servizi di telecomunicazione satellitare con Telespazio, l’Italia è oggi fuori dal mercato e da Eutelsat. La stessa Telespazio (all’epoca concessionaria pubblica delle TLC via satellite), azionista sin dal 1977, per la parte italiana, della allora agenzia intergovernativa europea, decise di non sottoscrivere più la propria quota nella fase di privatizzazione di Eutelsat conseguente alla liberalizzazione europea.

Oggi Eutelsat, sotto controllo francese, con significativa partecipazione spagnola, è tra i primi tre operatori mondiali che dominano il nevralgico settore.

In campo manifatturiero, l’Italia è stato paese europeo all’avanguardia, con Alenia Spazio (erede del patrimonio della Selenia Spazio), nelle tecnologie dei payload a larga banda e nella realizzazione delle piattaforme satellitari. Ciononostante, a dispetto dei rilevanti investimenti pubblici nei satelliti di TLC, per molti anni settore privilegiato dai piani nazionali, con oltre mille miliardi di lire profusi tra il 1975 ed il 2000 nei vari progetti nazionali (Italsat 1 e 2) ed europei, Finmeccanica lasciò ai francesi il ruolo di leadership nell’ambitissimo settore, tramite la joint venture con Alcatel (poi sostituita da Thales) del 2004. questo accade tra il totale disinteresse della politica italiana.

Autolesionismi e contraddizioni italiane

Con la citata joint venture è stata ceduta ai francesi, come è noto, il 67% della Alenia Spazio; il Gruppo, dopo aver beneficiato di trenta anni di finanziamenti pubblici per costruire la più grande azienda spaziale italiana, stabilì autonomamente ,ne 2004, che il settore non era strategico.

La nutrita rappresentanza governativa, del MEF e del MSE presso il CdA del Gruppo, pur in possesso di poteri di golden share, approvò l’operazione senza nulla eccepire.
Alenia Spazio, tra le prime quattro sistemiste europee, era il prodotto di una volontà politica di soli 15 anni prima (1990) che aveva inteso concentrare le attività spaziali della Selenia e della Aeritalia, per realizzare una azienda in grado di competere, in Europa, con francesi e tedeschi.

Certamente non fu un caso che la cessione fu resa operativa nel 2005, solo a valle della stipula del contratto finale per la commessa dei satelliti Cosmo SkyMed, progetto il cui valore strategico ed economico era, ed è, altissimo.

Per proseguire AVIO (già FIAT Avio), nella quale si sono concentrati negli anni finanziamenti italiani per la partecipazione al lanciatore europeo Ariane e la realizzazione di VEGA, è stata ceduta ad investitori finanziari esteri (nel 2003 alla Carlyle Group, nel 2006 alla inglese Cinven). Oggi, scorporata la parte aeronautica, dal 2012 General Electric, la parte spaziale AVIO Spazio è di nuovo sul mercato ed il suo destino sembra ancora incerto; molto ambita dai francesi di Safran, ma, questa volta, sotto l’attenzione del nostro governo.
Infine, per rendere evidente gli effetti dello shopping spaziale in Italia, nel 2012 la Astrium ha acquistato la Space Engineering di Roma, media azienda dotata di notevole know how e tecnologia nella progettazione di apparati spaziali di TLC.

L’errata collocazione istituzionale della Agenzia Spaziale Italiana

Sin dalla sua costituzione l’Agenzia Spaziale Italiana, nonostante dotata per legge di specifiche e moderne competenze di “Agenzia”, fu sottoposta alla vigilanza del Ministro della Ricerca/MIUR e i piani pluriennali nazionali dovevano essere sottoposti alla approvazione CIPE. Nel tempo l’Agenzia ha percorso un cammino involutivo per effetto di successivi riordini statutari. Con la legge delega n. 213 del 2009 (riordino degli enti di ricerca) l’ASI viene assimilata ed inserita tra gli enti di ricerca. L’unico potere rimasto al Consiglio dei Ministri nella precedente legge (n.128 del 2003 – nomina del Presidente) è stato ricondotto al Ministro della Ricerca.

La errata collocazione e la mancanza di una politica governativa per lo Spazio hanno costituito, negli anni, un grave handicap per gli interessi nazionali. A fronte di compiti troppo al di là delle proprie competenze, il MIUR non è stato mai in grado di intervenire sistematicamente e con autorità in un’area così complessa, intersettoriale ed internazionale.

Le iniziative legislative e la riforma dello Spazio

In questo ultimo anno si è constatata una crescente convergenza da parte non solo degli operatori, ma anche da ambiti politici e parlamentari, per chiedere una urgente riforma dello Spazio, che tenga conto della sua valenza e complessità.
Si possono citare il Convegno “50 anni di Spazio” (giugno 2005 – Centro Alti Studi della Difesa), il “Dibattito Spazio” del Pd (febbraio 2014) e soprattutto i tre disegni di legge presentati di recente alla Commissione X della Senato.

Il posizionamento dello Spazio e della Agenzia Spaziale Italiana, sotto la competenza della Presidenza del Consiglio, come emerge anche dalla analisi dei fatti storici sopra riportati, è un urgente presupposto, per tutelare e valorizzare il prezioso patrimonio esistente. Ciò in analogia con quanto fanno, sia pure con modalità diverse, gli atri paesi spaziali.

Si dovrà assicurare il necessario coordinamento tra le competenze dei Ministri dello Sviluppo Economico, della Difesa, degli Esteri, Ambiente ed altri. Si potrà garantire la continuità degli investimenti pubblici in un settore che necessita, per sua natura, di programmazioni pluriennali. Potranno essere coordinati, in modo organico, altri strumenti di finanziamento riguardanti il settore spaziale (di MSE e MIUR in particolare).

Sarebbe auspicabile la costituzione di un “’fondo integrato” per lo Spazio presso un competente Dipartimento della Presidenza, in grado di assicurare un razionale e sinergico impiego di risorse pubbliche, comprensivo dei finanziamenti annuali per i piani nazionali dell’ASI, fondi provenienti da leggi ad hoc per la partecipazione a programmi della CE, delle partecipazioni della Difesa ai programmi duali o di altri Ministeri coinvolti.

E’ un segnale molto positivo, da parte del governo, la costituzione di un “tavolo di cordinamento” presso la Presidenza del Consiglio, per trattare i temi riguardanti la conferenza dei Ministri per lo Spazio di fine anno.

Luigi de Magistris
(già Direttore Generale della Agenzia Spaziale Italiana)


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