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Perché non possiamo non dirci un po’ renziani

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class Editori pubblichiamo il commento di Pierluigi Magnaschi, apparso sul quotidiano Italia Oggi.

La riforma del Senato non mi piace. L’ho scritto fin dal giorno stesso in cui essa è stata presentata. Avrei di gran lunga preferito che il Senato, in quanto inutile doppione, venisse abolito. Ma le cose sono andate diversamente. E la versione adesso approvata ha subito alcune modificazioni decisamente migliorative. Ma l’interrogativo che ci si deve adesso porre è: il Senato di oggi è meglio o peggio di quello del passato? Senza dubbio è meglio. E Renzi è riuscito a fare approvare questa riforma in tre mesi, nel paese, non bisogna mai dimenticarlo, dove (come opportunamente ricorda, a pag.6, Giorgio Dell’Arti nella bella intervista che gli ha fatto Goffredo Pistelli) ci sono voluti ben 11 anni per approvare la riforma della legge sul condominio senza che nessuno si scusasse.

Il ciclone Renzi, con tutti i suoi difetti, con la sua squadra di ministri e di collaboratori che spesso non è assolutamente all’altezza dei suoi compiti (speriamo in un rimpasto vigoroso) è un ciclone provvidenziale per il paese. Renzi non riuscirà certo a cambiare completamente, in pochi mesi (e nemmeno in mille giorni), un paese gravemente canceroso, avviluppato su se stesso, con una legislazione aggrovigliata in difesa degli interessi esistenti, grandi ma anche piccoli, che si difendono (e lo si vede ogni giorno) non cambiando nulla.

La novità di Renzi non è la riforma del Senato, quanto il cambio del paradigma politico che questa riforma evidenzia. Con lui, per la prima volta, non va al potere una sinistra da guerra civile, che cerca il consenso dividendo il paese. Renzi invece propone soluzioni o anche solo speranze. Un paese ha bisogno di pensare che ce la si può fare. Un paese come l’Italia, per malconcio che esso sia, ha risorse enormi che attendono di essere mobilizzate, aiutate, stimolate.

Hanno fatto il loro tempo, grazie a Renzi, i politici dispeptici, sempre intenti a potenziare i freni, volutamente servi di un qualsiasi giurista abituato a spaccare i capelli in quattro affinché niente si muova, ancora legati, di fatto, a impresentabili concetti e parole d’ordine del secolo scorso, che non osano più pronunciare ma alle quali, per una sorta di inguaribile effetto pavloviano, sono sempre disposti ad obbedire.

Renzi porta al governo una sinistra moderna, non prigioniera della antiche riverenze, che sa, ad esempio, che non ci si può lamentare della disoccupazione e poi impedire che una fabbrica sorga o si allarghi, che una pista aeroportuale strategica venga costruita, che un rigassificatore a costo zero per l’erario venga realizzato, o che tolleri che le valige dei passeggeri vengano impunemente abbandonate sulle piste degli aeroporti.

Questi comportamenti non sono certamente di sinistra, se per sinistra si intende un movimento che sta dalla parte dei meno tutelati. E chi c’è di meno tutelato di un disoccupato? Ma le scelte e i comportamenti che abbiamo poc’anzi deprecato (assieme a tanti altri dello stesso tipo, altrettanto venefici) sono i comportamenti che la sinistra burocratica (che era la sinistra che aveva tutte le leve del potere ma che oggi è stata sconfitta da Renzi) ha considerato normali per più di 40 anni, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti coloro che vogliono vedere.

Certo, c’è da scontare il giovanilismo e l’arroganza. Del primo, con alcune correzioni, si può guarire. La seconda invece è necessaria per rompere la spessissima crosta degli interessi che strozzano gli italiani che, purtroppo in sempre minor numero, ogni giorno vanno a lavorare, battendosi, direttamente o indirettamente, con la concorrenza di tutto il mondo. La sinistra di Renzi ritiene, finalmente, che le Ferrovie non siano un problema dei ferrovieri, la polizia dei poliziotti, le tasse del fisco, la sanità dei medici, la scuola degli insegnanti.

Non so che cosa combinerà, ma è grandioso che Renzi, tutto questo, non solo lo pensi, ma anche lo dica. Usciamo dalla glaciazione, lasciamo a terra i mandarini della nomenclatura rossa (ma non solo) malconci e rancorosi, mentre brontolano i loro soliti esorcismi, diventati improvvisamente incomprensibili ai più. Finalmente uno che dica, da un altissimo scranno, che il re è nudo. Sono sempre più infatti coloro che attendevano di sentirselo dire, visto che tutti i maître à penser, prezzolati nell’animo anche se non nei portafogli, non si erano mai permessi di dirlo.

Ciò non vuol dire, ovviamente, che Italia Oggi, come ha sempre fatto, anche in questo stesso numero, farà sconti a Renzi e al suo governo. Vuol solo dire che, con Renzi, sta avvenendo una svolta storica nella vita politica italiana. Il paese era pronto a questa svolta e il 40% dei voti che lui ha preso alle europee vorrà pur dire qualche cosa. I politici oggi sul pack invece, nella loro supponenza autoreferenziale, e nella loro povertà culturale, ritenevano che questa svolta non fosse possibile, avendo in mano il giocattolo propagandistico che attribuiva tutta la responsabilità della crisi a Berlusconi o alla Merkel.

Dalle loro auto blu e dai convegni ammuffiti fra gente della stessa risma (che solo la Rai, non a caso, enfatizza) non arrivava la sofferenza della gente. E così il giocattolo logoro della vecchia propaganda, usato per troppo tempo, è andato in frantumi. Speriamo che duri. Il paese ha bisogno di respirare.

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