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Pubblica amministrazione, che cosa (non) mi convince della riforma Renzi-Madia

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo l’articolo di Domenico Cacopardo apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.

Nei giorni scorsi, il decreto legge sulla riforma della pubblica Amministrazione è stato convertito, dopo un breve corso parlamentare (dal 24 giugno al 7 agosto). È, quindi, legge dello Stato e regolerà la vita di centinaia di migliaia di dipendenti pubblici per i prossimi anni. Lo esamineremo, in alcuni articoli, in modo, per quanto possibile, puntuale.

Partiamo subito dalle misure immediate che riguardano lo status dei dipendenti pubblici.

Per la prima volta dal 1971 (anno in cui, con l’introduzione della dirigenza pubblica e l’avvio delle regioni, si realizzò un imponente operazione di prepensionamenti e trasferimenti proprio alle regioni), il governo pensa a un ricambio generazionale. Certo, c’è la questione delle coperture e dell’aggravio complessivo dei costi della finanza pubblica, ma, di fondo, si prende di petto un mondo sclerotizzato da riti e carriere stabili, molto collegate alla politica.

Peraltro, il ricambio è limitato all’abrogazione del trattenimento in servizio (dopo i 65 anni) e all’ampliamento della risoluzione unilaterale del contratto da parte dello Stato per i dipendenti che abbiano raggiunto i requisiti pensionistici. La risoluzione unilaterale sarà esercitabile per i dipendenti che hanno raggiunto i 62 anni e una contribuzione idonea a una pensione, in sostanza, integra.

Contrariamente a quanto previsto nel decreto-legge, le nuove norme non si applicano al personale di magistratura e ai dirigenti medici e del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale. In quest’ultimo caso, la risoluzione unilaterale non potrà avvenire prima dei 65 anni di età. Se c’è un’osservazione da muovere all’impianto di queste disposizioni, è che sono troppo timide e non avranno l’effetto di realizzare un vero e proprio, importante ricambio. Riguarderanno gente che ha davanti a sé due anni di servizio nell’età 65-67. A parte qualche posizione apicale, il resto è, in realtà, truppa, con una produttività vicina allo zero.

Ed è parimenti troppo timido l’approccio ai problemi della magistratura, visto che il criterio della gerontocrazia, più prima che dopo, deve essere abolito. Le proteste fondate sullo svuotamento della Corte di cassazione e delle magistrature superiori rispecchiano solo un’esigenza corporativa, della corporazione degli anziani magistrati con incarichi di vertice (e conseguenti macchine di servizio, scorte, segreterie). Poiché la magistratura è un’organizzazione complessa, basata sull’autonomia, sulla gerarchia (poco) e sull’anzianità, il pensionamento dei sepolcri imbiancati non promuoverebbe giudici senza esperienza, ma gente che già opera e da tempo nelle Corti di appello e nei tribunali.

La legge affronta anche –e non poteva non farlo- il turn over per il periodo 2014-2018, proponendosi di allargarlo e, in questo modo, di ottenere nuovi accessi. Sono questi nuovi accessi che cambieranno la faccia dello Stato, giacché si tratterà di gente nativa-digitale quindi capace di imprimere un’accelerazione mai vista, a procedure e decisioni.

La mobilità viene potenziata: il trasferimento dei dipendenti all’interno della stessa amministrazione o, previo accordo tra amministrazioni, in altra amministrazione, in sedi collocate nello stesso Comune o a una distanza massima di 50 chilometri dalla sede cui sono adibiti può essere disposta senza il consenso del lavoratore interessato. In coerenza con l’impianto generale, le amministrazioni non potranno conferire incarichi di studio e di consulenza, né incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo di amministrazioni pubbliche, a soggetti già lavoratori pubblici e privati collocati in quiescenza, a meno che non si tratti di incarichi o cariche a titolo gratuito.

Infine, vengono ridotti del 50%, per ciascuna associazione, i distacchi, le aspettative e i permessi sindacali. Le novità sono tante e non rivoluzionarie. Vanno, troppo cautamente, nella direzione giusta. Produrranno miglioramenti percepibili fra qualche anno.



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