Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Le commemorazioni rischiano di scadere in una ripetitività se non sono vissute nelle loro motivazioni più profonde. E la società, come si dice, dei consumi e delle rapide trasformazioni lascia poco spazio a riflessioni necessarie a leggere gli accadimenti e coglierne il senso.
Se ciò non accade, tutto diventa difficile e l’impegno politico e sociale si riduce ad un puro adattamento del presente e, poiché si deve essere per il cambiamento, si pongono in essere strumenti dove, a volte, le modifiche, non supportate da solide basi culturali, rischiano di frenare, invece di favorire, processi positivi.
Ecco perché ricordare Alcide De Gasperi a sessanta anni dalla morte non deve scadere nelle liturgie dove prevalgono i luoghi comuni. Si avverte in certi ambienti qualche fastidio: De Gasperi fa parte di un’altra epoca e, quindi, di un mondo che non esiste più, che non appassiona i giovani ma solo gli anziani e i cultori di storia patria e di cimeli. Certo nell’era della rottamazione tutto va sacrificato in nome del cambiamento (non abbiamo capito in che cosa) e agli statisti di ieri si sostituiscono intrepidi personaggi non dediti a meditare sugli accadimenti della nostra Repubblica.
Ho detto l’altro giorno che Sturzo e De Gasperi fanno parte della storia migliore dell’Italia. Molti ex DC, pur avendo fatto scelte politiche diverse, si dicono nel cuore democratici cristiani. Questo lo capiamo: la storia dei Partiti in cui si ritrovano, diciamo per un combinato disposto di diverse circostanze non sempre nobili, non può essere richiamata perché non è la loro storia.
I cattolici nel dopoguerra seppero indicare la via della ricostruzione del Paese assieme alle forze laiche riformiste, ricercando adesioni in sempre più vaste aree della società. Un percorso difficile. Nei Partiti si discuteva e ci si divideva nel confronto delle idee. Oggi nessun confronto, oggi solo partiti caricatura di quelli veri oggi solo ordini eseguiti in una realtà dove idee e tensioni ideali di prosciugano in un conformismo disarmante.
E un domani quando si dovrà rientrare nella normalità in una realtà svuotata troveremo un altro De Gasperi? Noi comunque, piccolo drappello di resistenti che si sono rifiutati ad essere renitenti delle proprie idee andiamo avanti. Abbiamo fiducia e i riscontri di questi giorni alimentano una speranza per approdi positivi. Ecco perché ricordiamo De Gasperi per ritrovare una ragione in più per essere noi stessi nel dilagare di una approssimazione senza futuro. Come si può cambiare in meglio senza memoria?