La Bundesbank e il ministero delle Finanze tedesco continuano a cannoneggiare anche dal G20 australiano le ultime scelte, giudicate troppo “espansive”, della Bce. Ma il presidente della banca di Francoforte tesse imperturbabile la sua tela per cercare di cavare l’Eurozona dall’angolo nel quale si è cacciata.
Da questo punto di vista il primo gennaio del 2015 potrebbe rivelarsi una data importante per Mario Draghi. Importante, perché potenzialmente in grado di correggere gli equilibri interni all’Eurotower spostandone il baricentro in direzione di un atteggiamento meno preconcetto verso operazioni non convenzionali come il Qe all’americana e simili (se saranno necessarie).
Con l’ingresso della Lituania nell’euro, infatti, cambiano i criteri di voto dentro il Consiglio direttivo, l’organo al quale competono le più importanti decisioni di politica monetaria. E dal primo gennaio verranno pubblicate anche, come accade per la Federal Reserve, le minute delle riunioni del Consiglio la cui frequenza scenderà ad un incontro ogni sei settimane.
Si tratta di novità attese con preoccupazione in Germania, soprattutto dai politici più conservatori e forse dalla Bundesbank, anche se ufficialmente non lo da a vedere. L’executive council è composto dai sei membri del Direttorio (il board) più i governatori delle diciotto banche centrali dell’Eurozona.
Finora il sistema di voto ha seguito il principio “una testa un voto”. Dal prossimo anno si volta pagina: i componenti del board presieduto da Draghi continueranno ad esprimersi secondo il vecchio principio, mentre i diciotto governatori nazionali saranno divisi in due gruppi: al primo, formato dai 5 Paesi più forti economicamente e finanziariamente (Germania, Francia, Italia, Spagna e Olanda) spetteranno quattro voti e quindi uno dei cinque a turno non voterà, al secondo formato dai restanti 13 paesi andranno undici voti.
Se si tiene conto che il Consiglio si riunirà ogni sei settimane, ciò significa che il Presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, sempre molto critico verso la politica seguita di recente dalla Bce, voterà ogni 7-8 mesi. Il membro tedesco del Direttorio, l’ex vicepresidente della Bundesbank, Sabine Lautenschlager, invece voterà come sempre, analogamente agli altri componenti.
Gli esponenti della banca centrale tedesca non hanno manifestato ufficialmente opposizione al nuovo criterio a rotazione e del resto sarebbe stato difficile, dato che la decisione di passare al nuovo sistema, che è analogo a quello delle altre maggiori banche centrali, fu presa nel dicembre 2002 in conformità ai Trattati. Il ministro delle Finanze, Wolfgang Schauble, ha anch’egli appoggiato la decisione precisando che “per ora” non è modificabile. Ma c’è chi, dal centro destra, chiede al governo un “seggio permanente” per la Bundesbank in Consiglio e teme la perdita di influenza della Germania. Per tutti ha parlato poi il superfalco, Jurgen Stark.
In un articolo sul quotidiano finanziario Handelsblatt, l’ex numero due della Bundesbank ed ex membro del Direttorio dell’Eurotower, ha attaccato la politica della Bce, destinata a diventare una “bad bank” per l’Europa dopo le ultime decisioni del Consiglio, e ha previsto che il sistema di voto a rotazione e la ridotta frequenza delle riunioni “rafforzeranno il ruolo del Presidente”. Stark, si sa, è Stark. Nel 1996 Prodi e Ciampi gli mostrarono i risultati di un sondaggio da cui risultava che l’opinione pubblica tedesca non era in maggioranza contraria all’ingresso dell’Italia nell’euro. “L’avrete fatto fare nelle pizzerie italiane di Monaco”, fu la sua risposta.
Ma è un fatto che gli analisti prevedono che il cambio del sistema di voto dovrebbe finire per indebolire ulteriormente il peso dei piccoli Paesi accrescendo al contempo quello dei grandi (anche se in teoria i governatori non rappresentano un paese ma sono indipendenti) e, in particolare del Direttorio, all’interno del quale l’autorevolezza di Mario Draghi è indiscussa.
L’esito non sarebbe di poco conto, se si considera che dopo il mezzo insuccesso della prima tranche di prestiti Bce alle banche (TLTRO) l’adozione di ulteriori misure di stimolo, oltre quelle prese a inizio mese, potrebbe rendersi necessaria vista l’evoluzione della congiuntura reale e dei prezzi. Se si misura l’equilibrio delle forze sul grado di apertura-chiusura verso nuove misure, il Direttorio (ne fanno parte oltre al Presidente esponenti che provengono da Germania, Francia, Olanda, Belgio e Portogallo) vede una situazione nella quale il ruolo di Mario Draghi è cruciale. Per qualcuno si tratta di una minaccia, per altri di una opportunità.
Marco Cecchini