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Caro Renzi, non sono un po’ troppi mille giorni per riformare l’Italia?

Non ci si può definire italiani se non si fanno gli auguri al capo del governo per il suo programma dei mille giorni. Può piacere o meno, si possono condividere o contestare le sue idee, i suoi modi di esprimersi a volte indisponenti, spesso ripetitivi, sempre efficaci. Ci si può dividere sulla bontà dei suoi tweet mattinieri, i suoi cambio verso, la volta buona, del passo dopo passo o sui gelati offerti ai giornalisti, spiazzandoli ed evitare così le previste domande più imbarazzanti in merito ad una certa copertina di un noto magazine inglese.

Possiamo dire di tutto e di più, scrivere le meraviglie o le peggio cose di un quarantenne che volle, fortissimamente volle arrivare a Palazzo Chigi, dopo Big Bang e Leopolde, mantenendo una dependance in affitto al Nazareno. Insomma, si può pensare quello che si vuole, ma è il Premier e, per il bene del Paese, non possiamo non tifare o saremmo come quel famoso marito che si taglia gli attributi per fare dispetto alla moglie.

Tuttavia, pur non inquadrandomi tra quelli che Renzi descrive come rapaci malefici e male auguranti, seguendo per mestiere e sul campo le situazioni di settori ancora sinonimi di quel supermarchio made in Italy e conoscendo piuttosto bene la realtà, gli investimenti e le iniziative imprenditoriali di altri Paesi, i loro tempi, i modi d’azione e la rapidità d’esecuzione una volta prese le decisioni, mi chiedo: data la situazione, mille giorni non saranno un po’ troppi? Eppoi, non ne sono già passati centocinquanta da quando il monello toscano, ops, il Premier ha giurato nelle mani del capo dello Stato?

E’ intelligente, intuitivo, a volte pure sfrontato quanto basta per non capire di non avere alcuna possibilità di completare un programma di mille giorni, avendo dalla sua una maggioranza risicata, un partito schizofrenico sempre vittima di una crisi di nervi ed uno schema istituzionale che consente tutte le chiacchiere del Mondo tranne che governare un Paese.

Confesso di essere ancora in fase di rodaggio dopo il pit stop feriale. Probabilmente il sole ed il mare hanno ridotto le mie già limitate capacità di logica e sintesi, ma davvero non mi riesce di comprendere come Matteo Renzi si preoccupi dei prossimi futuri mille giorni. Mi limito quindi a un appello al Presidente Renzi: lasci perdere i mille giorni dall’incerto destino e si concentri sui prossimi quindici. Stravolga le regole e le consuetudini di vecchie ed anacronistiche liturgie politiche. Ventre a terra, faccia le cose che anche i sassi italiani oramai sanno che devono essere fatte e… le faccia subito.

E se un Parlamento di molte, troppe cariatidi da una parte e di sterili miracolati seguaci di un comico dall’altra dovesse impedirle di fare, magari sfiduciandola… beh, poco male: avrà vissuto quindici giorni da leone invece di mille da pecora che tenta di mascherarsi da lupo. Soprattutto avrà evitato al Paese una lenta, inutile agonia. Eppoi, ci sono sempre altre elezioni e nessun santo alternativo in Paradiso che può competere.


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