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Ecco gli effetti del referendum della Scozia sul debito pubblico e sull’Italia

Giovedì 18 settembre gli scozzesi dovranno decidere se continuare a far parte del Regno Unito o no. Il risultato del referendum sull’indipendenza della Scozia potrebbe avere “implicazioni molto serie per l’intera Unione europea e per l’Italia”, dice in una conversazione con Formiche.net l’economista Giuseppe Pennisi.

QUESTIONE DI DEBITO

Secondo Pennisi, se la Scozia diventa un nuovo Stato potrebbe ripudiare la sua parte di debito pubblico britannico (143 miliardi di sterline, 230 miliardi di euro), garantito dalla Bank of England. “Ciò creerebbe un vero e proprio caos sui mercati finanziari – dice Pennisi – L’Italia rischierebbe di essere uno degli Stati dell’Ue più colpiti a ragione dell’elevatissimo rapporto tra debito pubblico e Pil”. Una situazione sottolineata dall’azienda internazionale di consulenza Eurasia Group.

20 ANNI DI REGRESSIONE

Inoltre, la secessione della Scozia riporterebbe il Regno Unito indietro di 20 anni, una situazione prevista “quando si cominciava a negoziare l’unione monetaria, era stato previsto, in lavori distinti, da Martin Feldstein, a lungo presidente del National Bureau of Economic Research americano, e da Alberto Alesina, Enrico Spolaore e Romain Wacziarg (in un saggio pubblicato dall’American Economic Review e considerato un classico del genere)”.

NON SOLO SCOZIA

La secessione della Scozia potrebbe incoraggiare altri movimenti separatisti. Pennisi avverte che, nel caso di vincere il sì, catalani, baschi e corsi seguirebbero l’iniziativa scozzese. “Un’inchiesta del New York Times pubblicata l’11 settembre sostiene che movimenti separatisti veneti starebbero facendo qualche pensierino. Molto più complesso l’impulso che l’esito darebbe a movimenti della Comunità di Stati Indipendenti (ossia alle Repubbliche uscite da quella che era la Urss)”, aggiunge l’economista Pennisi.

I RIFLESSI ANCHE IN ITALIA

La possibile (e già ventilata) richiesta di adesione al­l’eurozona (per smarcarsi ancora di più da Londra) ha ramificazio­ni molto vaste, secondo Pennisi: “Sulle scrivanie dei neo Commissari europei c’è un’a­nalisi approfondita di un esperto davvero esterno, Lisa Tripp della John Marshall Law School di A­tlanta, un’autorità in materia di di­ritto internazionale dell’economia e della finanza. Secondo il lavoro, la “nuova” Sco­zia porrebbe all’unione monetaria problemi e difficoltà analoghi a quelli avuti con la Grecia (ed anco­ra non del tutto risolti). Se per un motivo od un altro, le si apre la por­ta, il Paese più fragile, ed il primo ad essere contagiato, sarebbe l’Italia“.

 

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