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Ecco la favola scolastica di Renzi

Non mancava niente alla cronaca di una riforma annunciata. C’era, per cominciare, l’artefice e narratore Matteo Renzi, che con un video racconta la “Buona Scuola”. C’erano 126 pagine (più allegati) messi in rete per descrivere le molte novità. Tra le quali figurano la fine dell’eterno precariato con 150 mila assunzioni. E poi il riconoscimento del merito, con aumenti di stipendio ai professori che saranno giudicati i più bravi. E pure la valorizzazione di materie trascurate o ignorate, come la storia dell’arte, la musica, lo sport. C’era, infine, un bagno di modernità, con l’introduzione di tecnologie ovunque e la promozione dello studio dell’inglese con maggiore serietà rispetto all’oggi. Se anche allo studio della lingua italiana sarà dedicato un po’ più di zelo e di impegno, la rivoluzione potrà dirsi completa.

Ma non chiamatela “riforma” della scuola: è molto di più. E’ un “patto educativo”, come l’ha da poco battezzato il presidente del Consiglio, tanti e tali sono i cambiamenti mai visti fin dai tempi (forse) della lontana, ma concreta riforma-Gentile.

Ecco a voi la bellissima scuola che non c’è. Perché merito e precariato, musica e arte, inglese, internet, e l’auspicabile italiano, insomma tutto quanto l’appena accennato, è solo un racconto. Un grande e incompiuto racconto a cui gli stessi italiani potranno aggiungere il loro capitolo personale. Essi avranno due mesi di tempo per romanzare sul web, perché la Scuola è dei cittadini, mica appartiene al governo. E neppure appartiene al ministro dell’Istruzione, nel caso Stefania Giannini, che giura di “camminare insieme” con Renzi in questa straordinaria avventura. Che per ora somiglia molto a una favola.

Una bella favola, intendiamoci, piena di buoni propositi e frutto di una visione che mai i governi avevano dimostrato in precedenza. Ognuno dei quali si limitava a modifiche parziali e quasi sempre peggiorative dell’istituzione scolastica, per esempio togliendo e rimettendo il maestro unico alle elementari come se fosse un prodotto da supermercato. Era la pedagogia di maggioranze politiche che decretavano la propria ideologia in nome del popolo italiano.

Invece adesso non si decreta né si legifera: si racconta. Adesso s’aspetta di ascoltare la voce dei cittadini, prima di decidere. Di decidere anche dove si troveranno le risorse, nell’epoca degli stipendi bloccati per gli statali e della “più Tares per tutti”, per dar corso alla buona novella: qualcosa come nove miliardi per i prossimi tre anni.

Sono dettagli e quisquilie? E’ la solita ricerca del pelo nell’uovo, che per troppi anni ha reso immobile la politica prima dello scossone di Renzi coi suoi mille giorni di attività programmata? (e mille asili già da lui promessi, a proposito di scuola). E’ troppo chiedere di non scambiare un’intenzione, pur encomiabile, per una svolta allo stato inesistente?

Non il web, i video, le diapositive, i tweet e tutto quanto fa comunicazione, ma è la Gazzetta Ufficiale della Repubblica, dove si pubblicano le leggi dello Stato, a dare l’unica assicurazione ai cittadini che i patti educativi esistono anche nella realtà.

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