Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo l’articolo di Massimo Tosti apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.
Le smentite (impacciate e contraddittorie) non hanno convinto nessuno. È chiaro che la telefonata fra Angela Merkel e Mario Draghi c’è stata, ed è altrettanto chiaro che non è stata esattamente amichevole. La cancelliera tedesca insiste sul rigore senza se e senza ma come unica ricetta valida per togliere l’Europa dagli impacci, mentre Draghi è favorevole a introdurre un minimo di flessibilità nel rispetto delle regole e dei parametri a condizione che i paesi più deboli (in prima fila il nostro) facciano (e rapidamente) le riforme indispensabili per ammodernare le strutture, ridurre drasticamente gli sprechi, e favorire la ripresa. «Nessuna quantità di aggiustamenti fiscali o monetari», aveva sottolineato il governatore della Bce nel discorso oggetto della telefonata di Frau Merkel, «può sostituire le riforme strutturali». Prima della crisi mondiale che ha investito i mercati sette o otto anni fa, la disoccupazione aveva già raggiunto livelli patologici nella zona dell’euro. Le riforme sono indispensabili da allora, e non c’è più tempo da perdere, se non si vuole finire (tutti insieme) nel baratro. Con l’austerità, nuda e cruda, i problemi non si risolvono.
Il governo tedesco, per volontà del ministro delle finanze Wolfgang Schäuble, è arrivato a proporre la nomina di un commissario europeo che abbia un potere di veto sulle leggi finanziarie dei singoli stati dell’Unione.
Che non è una bestemmia, per le orecchie di Draghi, che ha più volte invocato una cessione di sovranità dei singoli stati dell’Ue in materia economica, finanziaria e fiscale. La disparità di vedute fra Berlino e Francoforte è politica e dipende dalle diverse scuole di pensiero economico di Schäuble e Draghi.
Noi italiani dobbiamo sperare che la partita in corso sia vinta dal nostro connazionale semplicemente perché adottare soltanto l’austerità ci porta (ci sta portando) alla deflazione e a un livello di tassazione assolutamente insopportabile. Dobbiamo, in altre parole, sperare che Matteo Renzi mantenga fede agli impegni presi nel momento in cui ha assunto la guida del governo: rivoltare l’Italia come un calzino, attuando le riforme da troppi anni rinviate. È l’unica via d’uscita dalla crisi praticabile per noi.