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La verità e l’orgoglio: qualche prelato dopo Oriana

“L’attuale cristianesimo pecca di buona educazione. Si preoccupa soltanto di non sporcarsi, di non mostrarsi indelicato, teme il fango, la grossolanità, la franchezza, preferendo una meticolosa mediocrità a tutto il resto.  (…) Si stringono piamente le labbra e si attende che il Signore dia dieci in condotta. (…) Hanno confuso la Chiesa del Cristo con un aducandato per signorine perbene”. (Andrej Sinjavskij, Pensieri improvvisi)

Quando si arriva alla soglia dei cinquanta, sono poche le cose che veramente commuovono.

Intendo dire: com-muovono, muovono tutte insieme in direzione della verità, l’unica cosa che ci farà liberi. Sono poche e per questo degne di totale attenzione.

Il passaggio che mi ha colpito, in questi giorni, è stato il messaggio del Vescovo di Imola alla sua diocesi. Un messaggio più che una semplice lettera. Un messaggio nella bottiglia. Message in the bottle, come cantavano i “Police” begli anni ’80 del secolo scorso – ci penseranno le acque della storia a trascinarlo a riva, là dove qualcuno, se Dio vorrà e la sua libertà non vagolerà in girotondi malsani, lo leggerà e ne farà tesoro. A futura memoria.

Se Sciascia non amava la Chiesa post-conciliare e progressista, così sciatta e priva di sapore (e il “sale della terra”?), figuriamoci lo scrivente che ama come non mai il solenne e insieme austero rito della Messa di San Pio V, mai abolito dalla Chiesa – perché è il succo della Tradizione, la quale non è un decreto del governo e la Chiesa, grazie a Dio, non è una democrazia – e risollevato dal fango, nel quale eserciti di preti con le chitarre e vescovi con la fretta di aderire al mondo avevano stolidamente gettato, Benedetto XVI, con un apposito motu proprio.

Ma questa è la cornice del dramma. Il punto vero è che Mons. Tommaso Ghirelli, Vescovo di Imola, ha avuto il coraggio, insieme all’altro grande prelato che regge la diocesi di Ferrara, Mons. Negri, di dire la verità. L’unico scandalo nel periclitante universo umano è dire la verità: pane al pane e vino al vino. In termini evangelici: sì, sì, no, no, il di più viene dal maligno.

Immaginate allora, in mezzo alla coltre di distinguo degli ultimi decenni clericalmente corretti, quanti straordinari abbia fatto il “nemico della natura umana” (sant’Ignazio di Loyola). Tutti strapagati, a quanto ci tocca constatare, giorno dopo giorno.

La fonte, innanzitutto: la lettera la potete leggere al seguente indirizzo: http://www.nuovodiario.com/attualita.cfm?wid=10737

Mons. Ghirelli dice una cosa con la semplicità del bambino della fiaba di Andersen: il re è nudo.

I politici, osserva il prelato, vogliono salvare la poltrona e lasciano l’Italia in mano a gruppi esponenzialmente crescenti di immigrati che vengono da paesi in cui imperversa il dispotismo e il fondamentalismo islamico, non sono angeli e producono caos e costi crescenti alla nostra comunità.

E noi cosa dobbiamo fare? Avere il coraggio di individuare il problema e chiedere agli immigrati che non vogliano appartenere ideologicamente ai tagliagole dell’Isis e ai gruppi di nuovi fondamentalisti tutti convergenti oggi con il cosiddetto “califfato” – anche nella non più pacifica Giordania si stanno preparando e stanno affilando i coltelli…- di denunciare lo scempio barbarico di questa tribù di animali o lasciare l’Italia: nessuno vuole vivere in mezzo ai nemici.

Tutto qua. Dov’è lo scandalo? Domandate a un cittadino non impataccato con la monnezza ideologica del politicamente corretto se non la pensa così, riceverete risposte degne di un osservatorio sociologico specifico.

Il Card. Biffi aveva detto di fare una scelta strategica rispetto ai gruppi etnici da far entrare in Italia: apriti cielo e spalancati terra, che scandalo! Poi ci pensò il laicista e relativista Sartori, politologo di grido, a mettersi sotto la cupola di verità e bene del grande prelato e iniziò un dibattito destinato  a non destare preoccupazione alcuna ai gendarmi del politically correct.

Oriana Fallaci, subito dopo l’11 settembre, con le Torri Gemelle ancora infiammate, gridava lo sdegno, con la rabbia e l’orgoglio di una italiana con radici autenticamente occidentali e dunque capace di distinguere, nella folla dei volti comuni, il nemico. E da allora?

La Chiesa o tace, salvo le eccezioni sopra riportate, o cincischia in sociologhese con esponenti della Caritas e della pattuglia dei buonisti d’assalto, che organizzano veglie di preghiera e poi tornano magari a insultare Putin, reo di aver chiara la missione storica di una nazione e di una terra come la Russia.

In questo polverone nichilista, con tanto di caos assai gradito al diavolo, “loico” e stratega perfetto, nonché “padrone del mondo” (Benson), finisce l’estate di sangue e inizia l’autunno di tormenta, nuova profezia che alzerà ancora di più l’asticella e la sfida all’occidente.

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