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Perché Londra corteggia Pechino e sposa lo yuan

De-dollarizzazione in corso. Le tensioni geopolitiche, l’altalena della Fed sul Quantitative Easing e l’ascesa economica di Pechino contribuiscono a puntare il faro sullo yuan nelle transazioni finanziarie mondiali. Ma l’Europa, bramosa di afflussi monetari da Est, non si limita ad attrarre gli investimenti in yuan. E’ Londra infatti ad aprire la strada alle emissioni di bond in renminbi, con una strategia chiara che si accompagna alle mosse liberalizzanti di Pechino in materia finanziaria.

La Gran Bretagna, spiega Reuters, sarà il primo governo occidentale ad emettere debito nella valuta cinese del renminbi, così da rafforzare i legami finanziari con la seconda economia mondiale.
La notizia è arrivata dopo la firma di alcuni trattati commerciali con Pechino dal valore di 2,4 miliardi di sterline, in occasione della visita del vice premier cinese Ma Kai a Londra.

L’EMISSIONE INGLESE DI BOND IN YUAN

“Posso annunciare che Downing Street intende essere il primo governo ad emettere bond nella valuta cinese”, ha dichiarato il ministro delle Finanze inglese George Osborne. “Abbiamo emesso bond in dollari fino ad oggi, stavolta puntiamo sullo yuan”, ha aggiunto, sostenendo che alla società assicuratrice inglese Lloyd’s è stata garantita l’autorizzazione per aprire una filiale a Pechino. Diplomazie che lavorano quindi anche in finanza, con la concessione della licenza inglese al colosso bancario Commercial Bank of China.

Osborne ha spiegato che l’importo del bond in renminbi sarà circa di 2 miliardi, simile a quello emesso a Londra dalla China Development Bank. Il ministro dello Scacchiere ha inoltre sottolineato che il bond sarà emesso entro la fine dell’anno e che sarà usato da Londra per finanziare le riserve monetarie straniere. La Gran Bretagna è stata attiva nell’attirare le banche cinesi nella City e gli scambi commerciali in yuan, così da incentivare la sua posizione di primato come centro finanziario mondiale per gli scambi monetari.

LA CORSA AL PRIMATO DI CENTRO FINANZIARIO OCCIDENTALE N YUAN 

A marzo Londra e Pechino hanno siglato un accordo per la creazione di una clearing house per le transazioni di yuan a Londra, in concorrenza con Lussemburgo, New York, Parigi e Francoforte nella corsa per il primato di centro di scambio della valuta cinese in Occidente.

LA STRATEGIA DOPPIA DI PECHINO PER LO YUAN

La strategia di Pechino è doppia. Più oro e meno dollari come riserva da un lato, più yuan e meno dollari nelle transazioni mondiali dall’altro. Stando agli ultimi dati ufficiali – che risalgono al 2009 – Pechino possiede 1.054,1 tonnellate di riserve auree, che rappresentano già l’1,7% del totale delle sue riserve. Queste ultime sono cresciute in modo spettacolare negli ultimi anni: oltre il 700% dal 2004 a fine 2012, quando ammontavano a circa 3,3 milioni di miliardi di dollari, più del valore dell’intero mercato mondiale dell’oro, che è stimato dal World Gold Council (Wgc) intorno a 3,2 milioni di miliardi. Di pari passo Pechino ha alimentato il rafforzamento dello yuan sulle piazze finanziarie mondiali, anche recentemente con riforme legislative che indeboliscono il controllo stringente sui movimenti di capitali. La Safe, la State Administration of Foreign Exchange, che gestisce le riserve in valuta estera del Paese, una montagna da 3,3 trilioni di dollari, ha infatti avviato una riforma particolarmente favorevole per le aziende che hanno un giro di affari ampio con utili superiori ai 100 milioni di dollari. La mossa, che ha l’obiettivo di testare forme di convertibilità della moneta di Pechino, permette a queste aziende in via sperimentale di aprire conti in Cina e in altri Stati in contemporanea e abolisce il tetto al trasferimento per i conti esteri. Le società dovrebbero guadagnare in efficienza e poter diminuire, al tempo stesso, i costi delle operazioni. Il prossimo step del Governo centrale? Espandere anche la collaborazione con Hong Kong, teatro dell’80 per cento delle transazioni in yuan. Mentre l’euro sta a guardare.

 



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