Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo l’articolo di Massimo Tosti apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.
È del tutto comprensibile lo sfogo di Giulia, la figlia maggiore di Massimiliano Latorre, il marò ricoverato d’urgenza in un ospedale di New Delhi per un’ischemia. Da due anni e mezzo Massimiliano e il suo collega Salvatore Girone sono agli arresti domiciliari in India, in attesa di un processo che non arriva mai (peggio che in Italia, verrebbe da dire). Giulia ha lanciato anche un’invettiva («Italia di merda!»), che rivela la sua rabbia per l’impotenza dei tre governi (Monti, Letta e Renzi) che non hanno saputo riportare in patria due servitori dello stato che rischiano la pena di morte per un reato commesso nell’esercizio del loro lavoro.
Perché loro erano imbarcati su un mercantile per difenderlo dalle aggressioni dei pirati che infestano l’Oceano Indiano, e non davano la caccia ai tordi. I tre ministri degli esteri che si sono succeduti alla Farnesina dal febbraio 2012, quando i due militari italiani furono arrestati, ad oggi (Giulio Terzi di Sant’Agata, Emma Bonino e Federica Mogherini) hanno detto e ripetuto che la soluzione del problema era in testa alle loro priorità, ma i risultati non si sono visti. L’India sta calpestando tutte le norme di diritto internazionale nel procrastinare la data d’inizio di un processo illegittimo (perché i due pescatori indiani uccisi si trovavano fuori delle acque territoriali) e ha preso palesemente in giro i nostri governanti (compreso il plenipotenziario Staffan De Mistura, rimasto in India, inutilmente, per parecchi mesi).
L’India ha trattato l’Italia come un paese del quarto mondo, un’ex colonia che non merita alcun rispetto, condannata a subire qualunque prepotenza. Se i nostri governi chiedono di contare di più in Europa, a maggior ragione dovrebbero pretendere il rispetto delle leggi internazionali da parte di chi trattiene (illegittimamente) due nostri connazionali in attesa di un giudizio per il quale non sono stati ancora formalizzati i capi di imputazione. Abbiamo oscillato fra la speranza di un accordo bilaterale e la richiesta di un arbitrato internazionale. Occorre alzare il tono, minacciando di ritirare le nostre truppe dalle tante missioni all’estero nelle quali sono coinvolte per garantire la pace, sotto le insegne dell’Onu.