Un tweet del segretario generale Rasmussen alla vigilia del prossimo Summit nel Galles ci dice che la Nato è una polizza di assicurazione contro l’instabilità, di cui però i Paesi membri devono ricordarsi di pagare il premio. Una sintesi insolitamente efficace per un leader che non ha dato grandi prove di sé.
L’Alleanza atlantica è un’entità che l’opinione pubblica non percepisce bene e corre il rischio di diventare un’organizzazione per specialisti.
Ma perché serve una Nato? Beh, perché ha caratteristiche che mancano altrove. È unica al mondo a saper gestire delle crisi, ad avere un rapporto collaudato politico-militare, a sapere come si fa un peace-keeping serio, a mettere in rete in modo efficace oltre 40 Paesi, a lavorare in Paesi lontani. A prima vista può sorprendere, ma è proprio così. In Africa, Asia e altrove non c’è nulla di simile e l’aggregazione sopranazionale è ancora ai suoi albori. L’Unione europea ha una dimensione nascente di politica di sicurezza che speriamo faccia strada ma è ancora ai primi passi.
Naturalmente il discorso non è così facile come può sembrare perché le radici politiche e operative dell’Alleanza sono nella Guerra fredda. È stato su quella base che si sono affinati gli strumenti per cui è stata definita la più importante alleanza politico-militare della storia. Ma allora l’obiettivo era chiaro e poi in questa “Guerra fredda” con i Paesi del comunismo vi era un legame stretto fra Nord America ed Europa. Viviamo oggi in un mondo molto diverso ed è legittimo pensare che bisogna adeguarsi. Ciò detto è difficile pensare che si possa creare un’organizzazione ex novo, le riforme radicali sono sempre difficili, praticamente impossibili in questa fase della vita internazionale. Vediamo meglio perché la vecchia Alleanza ci può servire!
La storia dell’umanità non è mai stata una passeggiata e come ben sappiamo è sempre stata punteggiata da conflitti e da crisi. Alla fine della Guerra fredda alcuni scrittori hanno parlato di “fine della storia”, dell’apertura di un periodo indefinito di pace e stabilità. Per un po’ ci abbiamo anche creduto. A quanto pare la storia ha ora ripreso il suo cammino, l’instabilità sta aumentando e il sistema internazionale appare in equilibrio sempre più precario. Sahel in crisi, Medio Oriente in fiamme, corsa al riarmo in Asia, sono tutte cose che ci devono mettere in guardia.
Non possiamo vivere nell’illusione che il mondo sia diverso da come è o che gli esseri umani siano tutti tolleranti, amanti della pace, aspiranti alla democrazia. Ecco allora che la polizza di assicurazione del buon Rasmussen acquista significato. Ho avuto occasione di parlarne con l’editorialista Thomas Friedman, il quale pensa addirittura che la Nato possa essere “la storia di domani”. L’Alleanza atlantica è un buon veicolo per “proiettare stabilità” intorno a noi. Ce ne è un grande bisogno e ha tutti i numeri per farlo. Però ad alcune condizioni; le cose non succedono da sole e devono essere mosse dagli uomini!
Con l’andare degli anni l’Alleanza ha assunto connotati sempre più militari, e i ministeri della Difesa hanno assunto il predominio nel dibattito interno. Ne è derivata una crescente critica ai Paesi europei per la loro continua diminuzione dei bilanci della difesa.
Tema rilevante ma certo non l’unico da discutere. In passato gli aspetti politici bilanciavano quelli più militari per cui c’era un migliore equilibrio complessivo, che va ripreso. Siamo in Afghanistan per solidarietà politica e non per altre ragioni. È prioritario che vi sia una ripresa del livello politico nell’agenda di Bruxelles, così come che gli americani riprendano un ruolo di primo piano che di fatto hanno lasciato cadere.
Poi i Paesi europei, compreso il nostro, devono sentirsi più a casa nell’organizzazione e avere maggiore iniziativa. Vi è altrimenti il rischio che l’Alleanza rimanga senza guida concreta. È come avere una Ferrari in garage, ma non metterci la benzina. Vi sarebbero anche aspetti di “soft security” di interesse comune da promuovere senza riserve. Nessuno è più adatto dell’Alleanza atlantica a promuovere una discussione sui grandi temi strategici, però non vi è ancora un foro adatto, come una Fondazione della Nato. Altrove queste cose abbondano. Il Carnegie endowment for peace ha proposto questo paradosso: la Nato pare abbia difficoltà di “guida” proprio mentre aumentano i focolai di crisi in modo subdolo e inaspettato.
Viviamo in una realtà nuova che non conosciamo, per cui vi è una crescente necessità di fornitori di sicurezza. Quindi in buona sostanza ci servirebbe più Nato e non meno. Credo che il Carnegie endowment abbia ragione. Si tratta di una sfida pacifica che andrebbe raccolta dai nostri governi. Speriamo che ciò avvenga e che non si pensi che se ne occuperà qualcun altro. Che non c’è.
Alessandro Minuto Rizzo è presidente della Nato defense college foundation
Articolo pubblicato sul numero di luglio-agosto della rivista Airpress