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Nel segno plurale di Francesco: la rivoluzione “cortese” continua il suo percorso di liberazione

36 anni, un secolo. Era il 22 ottobre 1978 quando dal foro delle cattolicità universale un grido avvolse l’intero globo: « Non abbiate paura. Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! ». Parole come di fuoco che pervasero la mente ed il cuore di tutti: cristiani e non. Un invito alla fede, all’accoglienza, all’altro a Dio. Una rivoluzione per una Chiesa e, soprattutto, per una società ancora fortemente pre-conciliari. Mai, prima di allora, dalla città eterna si era levato un così grande attacco all’insidia della secolarizzazione. Un grido di “ribellione” verso l’omologazione agnosticismo (anticamera dell’indifferenza); verso l’idea di un mondo “autosufficiente” e perciò stesso, vocato ad un cieco relativismo.

36 anni dopo, l’altro terremoto. « Spalancate le porte della Chiesa ». Parole dell’uomo ingaggiato quasi dalla fine del mondo per cambiare verso al cuore della cristianità. Per “trasfigurare” quella Chiesa curiale che nei secoli (e nonostante “l’alito” conciliare) si è nutrita di autoreferenzialità dimostrandosi “un castello con un ponte levatoio e le sentinelle poste all’ingresso”.

La svolta è di quelle senza ritorno: chi è la Chiesa per opporsi all’invocazione, al desiderio, alla volontà di spalancare le porte dell’anima a Dio?

Ben vengano allora i matrimoni tra coppie “particolari” (ex-conviventi, coppie con bambini, ecc). Ben vengano i battesimi ai figli di ragazze madri, di divorziati, di coppie legate solo dal vincolo civile.

Ben vengano tutti!

L’ora sesta del Concilio sembra essere, finalmente, giunta.

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