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Parto in inglese e finisco in italiano

Il cinema è come ogni forma d’arte lo specchio della realtà di cui si nutre al netto dei filtri di poeti, narratori, registi e sceneggiatori. E anche la lingua con cui i personaggi parlano non può che essere la lingua della vita reale. Cadono dunque a fagiolo e sono attualissimi quei film dove i dialoghi sono per metà in inglese e per metà in italiano. Perché è attuale quanto la crisi, e forse ne è persino sintomo a mezzo fonemi, questo voler a tutti i costi fare gli anglosassoni sfoggiando un inglese che conosciamo poco e male finendo poi, dopo qualche waind, e attemoment, con la coda in mezzo alle gambe a spiegarci in italiano sperando nella bontà di qualche traduttore occasionale o, sarebbe meglio , istituzionale. Un costo aggiuntivo per chi, per nulla sussidiato, prende la valigia e cerca di andare a fare affari al di là delle Alpi.

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