Approvata la nuova legge elettorale toscana. PD e Forza Italia a braccetto. Una maggioranza di fatto fondata sulla gestione del potere e non sulle idee.
Sudditi, non cittadini. La legge elettorale che è stata approvata in Toscana per l’elezione del Consiglio regionale è ispirata a questa filosofia di fondo. Così Partito democratico e Forza Italia intendono il loro rapporto con i cittadini. I due partiti, formalmente uno in maggioranza e l’altro all’opposizione, hanno sottoscritto fra loro un patto di potere che non è più nemmeno segreto ma fatto alla luce del sole. A Firenze come a Roma. E non è un caso perché Firenze è la città di Renzi, presidente del consiglio, e di Verdini, plenipotenziario di Berlusconi. I due, amici da sempre, hanno stabilito quello che si deve fare e che, in parole povere, consiste nel mettere in campo tutte quelle regole che permettano ai due, nei loro rispettivi campi, di fare il bello e il cattivo tempo. Poi per trovare fra loro un’intesa ci sarà sempre modo. L’importante è che non ci sia nessun terzo incomodo. Il patto prevede che il PD governi e Forza Italia stia all’opposizione. E’ la filosofia che Verdini ha applicato in Toscana da vent’anni, e i risultati sono sotto gli occhi di tutti, e che da un po’ di tempo si è estesa anche a Roma. Da un punto di vista logico il ragionamento di Verdini ha una sua ragion d’essere. Siccome, dice il plenipotenziario di Berlusconi, Forza Italia non ha la forza di vincere, come è stato in Toscana fino ad oggi e come ora vale anche a livello nazionale, tanto vale mettersi d’accordo con chi vince per spartirsi quel po’ di bottino che è possibile avere. Ragionamento logico ma che costituisce l’antitesi della democrazia che presuppone il confronto e che esige che i contendenti in campo facciano di tutto per sconfiggere gli avversari. Idee e soluzioni diverse per risolvere i problemi sul tappeto. Quello che PD e Forza Italia stanno facendo risponde invece alla logica del patto di potere dove chi vota non conta nulla e dove gli interessi hanno la prevalenza netta sulle idee. Questo modo di fare postula dei sudditi e non dei cittadini. E la legge elettorale approvata è ora lo strumento che sancisce questa intesa. Basta analizzarne i punti salienti che sono soprattutto quattro:
1) soglie di sbarramento differenziate, 10% per le coalizioni, 5% per i partiti singoli e 3% per quelli coalizzati. La norma di fatto obbliga i piccoli partiti a schierarsi o con gli uni o con gli altri;
2) un listino bloccato facoltativo i cui nomi, che non saranno nemmeno scritti sulla scheda, occuperanno i primi seggi conquistati dalla lista, in modo tale da garantirsi l’elezione di persone fedeli e ubbidienti, magari invise all’elettorato;
3) possibilità di essere candidati sia nelle circoscrizioni che nel listino in modo tale che un candidato anche se non viene votato dai cittadini può ugualmente entrare in Consiglio perché voluto dal partito;
4) Premio di maggioranza al 40,01% che è la soglia che ragionevolmente il PD può raggiungere.
Il bello è che ora questa legge PD e Forza Italia tenteranno di estenderla anche a livello nazionale. Come se non bastasse poi Forza Italia, per il suo fronte, quello in teoria di centrodestra, tenta di aggiungere al danno la beffa. Si rivolge infatti ai partiti della sua area, nati in gran parte dall’implosione del PDL, e, in vista delle regionali, tende la mano dicendo “Bisogna stare insieme per contrastare il centrosinistra. Dobbiamo fare un accordo che sia valido su tutto il territorio nazionale” e mentre afferma questo affila il coltello per tagliare la gola a quelli che dovrebbero essere amici. Almeno il PD tace e parla per se stesso di partito a vocazione maggioritaria. Francamente molto meglio.