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Perché difendo Ichino e Sacconi sull’articolo 18

Dopo una giornata di approfondito impegnato studio e intelligente confronto sul percorso e le novità contenute nella delega al lavoro partendo anche dal patrimonio lasciatoci da Marco Biagi , mi siedo soddisfatta davanti alla tv e assisto ad un faccia a faccia tra il Prof. Ichino e il sindacalista Landini che giudico vergognoso.

La riforma che il Governo sta faticosamente portando avanti è la clava per vendette trasversali interne al pd e alla sinistra oltranzista con l’alleanza dei penta stellati che non vedono l’ora di sparare sul mucchio. Il clima e  le parole vomitate che Maurizio Landini usa sono peggio di quelle usate in quel novembre del 2002 che lasciarono in terra trafitto con pallottole  di ferro il Prof. Biagi e ancora prima di lui Massimo D’Antona.

Contro le schegge dei burocrati, frenatori e conservatori dei capipopolo, il tono di Ichino e le parole di Sacconi sono più convincenti dei conduttori del pensiero unico di un popolo molto meno disponibile a seguire più di tanto né nei numeri né nei ragionamenti anti renziani anche perché la rincorsa dei grillini alla rivolta consensuale dei califfi orientali  provoca ribrezzo.

Noi siamo sicuramente per il confronto ma non ci facciamo intimorire dalle urla degli scalmanati che strumentalmente usano la parola diritti per massacrare anche il già debole ruolo del sindacato confederale e la frenesia dei magistrati a scavare nella famiglia Renzi per sostituirsi ancora una volta alla politica.

La Confindustria intanto vagheggiante e irrilevante nella situazione che stiamo vivendo  continua a dirsi pateticamente innamorata dell’Italia senza prendere posizione, come invece nel 2002 quando la questione economica  europea ci avrebbe messo all’angolo. Allora gli industriali diedero un contributo straordinario e decisivo attraverso una campagna ad ampio spettro per le riforme improntate alla flessibilità per rompere il tabù dell’articolo 18 che poi è una piccola parte della riforma complessiva degna di essere difesa.

In scena un copione sempre identico ormai nauseante: prima l’Italicum poi la riforma del Senato e la mediazione raggiunta con la parte sinistrorsa del Pd, ora il Jobs act che è di nuovo  falce e martello delle modifiche e arma di contrasto, la destra che farà da comprimaria, e intanto la nave italia affonda con un voto di fiducia che Renzi dovrà usare ancora una volta. E intanto noi continuiamo ad avere le idee confuse in materia di economia europea e non stiamo in silenzio. Anzi.

La BCE ha messo in campo la possibilità per le banche europee di finanziarsi a un tasso di interesse molto basso, allo 0,15% (media normale è il 9%) ma gli istituti di credito hanno chiesto alla cassaforte di Francoforte molto meno, solo 82 miliardi dei 150 previsti. Qui in Italia quali sono i gruppi che hanno bisogno di capitale? E se non li hanno chiesti perché? Forse allora non è vero che non hanno liquidità da dare ai cittadini e alle aziende che la chiedono e dunque perché questa stretta creditizia che sta strozzando la ripresa?

Vogliamo sapere che cosa sta succedendo e perché stanno svendendo il nostro Paese. Ora veramente basta.

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