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Perché va letto il secondo saggio di Guarino sull’euro

Il professore Giuseppe Guarino, che è stato uno dei più autorevoli docenti italiani di diritto costituzionale, diritto pubblico e diritto amministrativo, professore emerito all’Università degli studi di Roma “ La Sapienza”, socio dell’Accademia Nazionale dei Lincei, già ministro delle Finanze del governo italiano, continua la sua rigorosa analisi dei documenti più importanti dell’Unione europea, con questo secondo saggio editato nel luglio di quest’anno.

Un collega del prof. Guarino ha fatto pervenire il suo primo Saggio di verità sull’Europa e l’Euro, pubblicato nell’Ottobre 2013, al prof. James Galbraith, eminente accademico dell’Università di Austin, Texas, socio anch’egli dei Lincei, il quale ha scritto una bellissima lettera di condivisione delle tesi enunciate; lettera che il prof. Guarino ha inserito come prefazione a questo suo secondo saggio che integra e completa l’analisi approfondita e le conclusioni cui egli è giunto, senza alcuna smentita e/o controindicazione giuridica da parte di qualcuno.

La tesi sostenuta, risultato di un’analisi approfondita dei documenti e delle scelte operate in questi anni in sede europea, è che, con il regolamento n.1466/97 fatto adottare quasi di soppiatto e/o in maniera truffaldina ai rappresentanti dei Paesi dell’Unione, si è di fatto violato il Tue ( il Trattato sull’Unione Europea di Maastricht ) dando vita a un “falso euro” del tutto distinto e distante da quello indicato nell’unica decisione formale condivisa dagli Stati che approvarono il Tue.

Guarino afferma e dimostra, con dovizia di argomentazioni giuridiche ed economico- finanziarie che cito testualmente dal suo primo saggio, quanto segue:
a) Il lancio dell’euro, moneta comune degli undici Paesi ammessi con il primo scrutinio, avrebbe dovuto avere luogo il 1.1.1999. A quella data si sarebbe applicata la disciplina “a regime”, quella degli artt. 102 A, 103 e 104 c) Tue.
b) Il 1.1.1999 il lancio dell’euro, la moneta disciplinata dal Tue, non avvenne. La moneta regolata dal Tue, per la quale il governo tedesco si era fortemente battuto ed alla cui adozione aveva condizionato la propria adesione, non è mai nata.
c) In data 1.1.1999, con il nome di euro, generando così la fallace impressione che si trattasse della moneta creata e disciplinata dal Tue, fu lanciata con immissione nei mercati quale moneta comune avente valore legale degli Stati senza deroga, una moneta soggetta ad una disciplina diversa.
d) La disciplina della moneta immessa nei mercati il 1.1.1999 era contenuta in un “regolamento” (n. 1466/97), adottato con il procedimento disciplinato dagli artt. 103, n. 5 e 189 c) del Tue. Il procedimento non conferiva alcuna autorità a modificare il Trattato ed aveva un oggetto del tutto diverso. Il reg. 1466/97 nello stesso momento in cui si avvaleva dell’art. 103 Tue, in realtà lo violava, utilizzandolo per un oggetto e finalità diverse.
e) La disciplina del regolamento 1466/97 è non tanto diversa, quanto opposta rispetto a quella degli artt. 102 A, 103, 104 c) Tue. Sostituisce un “obiettivo”, quello della “crescita” avente le caratteristiche e rispondente alle finalità di cui all’art. 2 Tue, con un “risultato”, il pareggio del bilancio da conseguirsi a medio termine con l’osservanza di uno specifico percorso.
f) La modifica introdotta dal reg. 1466/97 rispetto al Tue (Maastricht), sul piano formale, è consistita nella abrogazione di un diritto-potere, quello degli Stati di concorrere alla crescita con la propria “politica economica”, concorrendo così anche alla crescita dell’Unione, sostituendola con un obbligo/obbligo, gravante sugli Stati, avente come contenuto il pareggio del bilancio a medio termine, da conseguirsi nel rispetto di un programma predeterminato. Gli elaboratori delle norme non si sono resi conto delle conseguenze che sarebbero derivate dall’aver messo a base del sistema, un “obbligo” al posto di un “potere”.
g) Cancellando l’obiettivo della crescita, il reg. 1466/97 ha in realtà cancellato ogni attività politica nel sistema.
E, fatto ancor più grave, Guarino evidenzia come: “cancellando la capacità degli Stati membri senza deroga di compiere scelte autonome di politica economica finalizzata alla crescita, si è preclusa ai loro cittadini qualsiasi possibilità di influenzare le decisioni di politica economica, ai cui effetti vengono assoggettati. La democrazia è principio fondante dell’Ue. Nessuno Stato può esservi ammesso se il suo ordinamento non sia conforme al principio democratico. La democrazia, presupposta la titolarità di un sistema completo di diritti di libertà e di una adeguata protezione sociale, consiste nel potere dei cittadini di influire con il voto, in modo diretto o indiretto, sulle decisioni di governo cui andranno soggetti. Alle materie economica e della moneta, nello stato attuale dei rapporti, va attribuito valore “prioritario”. Il reg. 1466/97, nell’intero ambito della politica economica e della gestione della moneta, ha soppresso il regime democratico”.

Netta è in questo secondo saggio l’indicazione di chi furono i responsabili di quanto è accaduto.
Grazie al libro sulla biografia di Ciampi pubblicata da Paolo Peluffo ( Carlo Azeglio Ciampi. L’uomo e il presidente, Bur Rizzoli,2014, pagina 237 e seguenti) Guarino deduce proprio da quelle pagine che l’autore del testo di quel famigerato Regolamento 1466/97 sarebbe stato il Ministro delle finanze tedesco, Theo Waigel con un’iniziativa partita nel 1995. “Waigel incontra Ciampi il 4 luglio 1996 (pag. 206). Una seconda volta (pag. 220) insieme a Tietmeyer, governatore della Bundesbank. Ciampi è pronto ad accettare ogni richiesta. E’ pessimista sulle sorti dell’Italia. Vede nell’ingresso nell’euro l’unica via di salvezza (pag. 264). Attua quattro manovre aggiuntive (pag. 269). I rappresentanti degli altri Stati, sull’esempio di Ciampi, accantonano ogni personale perplessità. Quando il principio della parità del bilancio è accettato nel vertice dell’Ecofin a Dublino del dicembre 1996, tutti si congratulano con Waigel. E’ stata una sua vittoria (pag. 237)”.

Gli effetti sono stati quelli su indicati e quell’imposizione generalizzata del vincolo della parità di bilancio, nettamente contrastante con gli obiettivi fissati nel tratto di Maastricht, quasi certamente non erano nella consapevolezza dei due responsabili al momento in cui posero in essere quell’atto.

Che fare adesso, dopo che per diciassette anni si è continuato nell’illegittimità di una moneta mai nata, e di regolamenti farlocchi dalle conseguenze economiche e sociali drammatiche per la maggior parte dei cittadini europei? Innanzi tutto, suggerisce il prof Guarino, andrebbe avviata un’indagine/inchiesta con urgenza dal parlamento europeo.

Poco prima di ferragosto ho personalmente inviato a quasi tutti i deputati italiani al Parlamento Europeo copia del saggio in questione, ottenendo sino ad oggi una sola risposta da un deputato del M5S. Mi auguro che con la ripresa dell’attività parlamentare qualcuno senta la responsabilità di informarsi e di assumere le azioni conseguenti.

Lo stesso ho fatto inviando copia del saggio ai componenti delle commissioni Tesoro e Finanze del Senato e della Camera, da cui, sino ad oggi… silenzio d’estate (?!).

Per non parlare delle varie associazioni italiane per la difesa dei consumatori alle quali avevo chiesto di avviare una class action per i responsabili di quei provvedimenti, non solo quelli cui va imputata la loro illegittima stesura, ma anche quelli della loro supina e illegittima applicazione.

Una sola risposta dall’Adusbef del garrulo Dottor Lanutti, per dirmi che: “non è materia di loro competenza”.

Anche il prof. Guarino, 92 anni il prossimo novembre, sembra perdere ogni speranza sebbene, ancora una volta, Spes contra Spem, conclude il suo saggio con un invito alle nuove generazioni a “ tracciare una linea di demarcazione netta con i trascorsi quindici anni” per “affrontare il futuro con speranza, saggezza, entusiasmo”.

Ringrazio Michele Arnese e Formiche.net per aver accettato di dar voce a questa autorevolissima diagnosi sin qui incontrovertibile di atti e conseguenze politico finanziarie, istituzionali e economico sociali enormi per un’Europa per la quale “è venuto il momento di fare un salto e puntare sull’Unione politica”.

Guai se il premier Matteo Renzi, in questa straordinaria occasione di presidenza italiana del semestre europeo, si limitasse, come sembra sino ad ora, a minoritarie e perdenti contrattazioni sulla maggiore o minore flessibilità, e non assumesse le conclusioni di Guarino denunciando l’illegittimità di regolamenti e di atti che devono essere assolutamente riscritti e resi compatibili con gli unici atti cogenti che sono quelli indicati dai trattati di Maastricht, Amsterdam e Lisbona.

Ettore Bonalberti
www.insiemeweb.net
www.don-chisciotte.net



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