La politica è da trenta e quarant’anni nelle mani di pifferai diretti da piloti automatici che, di fatto, governano l’economia, la vita delle persone: il risultato di oggi, recessione e deflazione, per il micidiale kombinat austerità-libero mercato, ossia l’impoverimento, non solo materiale, della maggioranza delle persone che ha il corrispettivo nell’arricchimento di una minoranza, era già stato messo nel conto da chi aveva capito dove stava andando il capitalismo.
Nell’aprile 1975 ci andò giù con il bisturi: la riorganizzazione del capitalismo, avviata tre anni prima con la decisione di Richard Nixon di sganciare il dollaro dall’oro, su altre basi, come la finanziarizzazione dell’economia, la delocalizzazione delle produzioni, le grandi speculazioni finanziarie, in buona sostanza l’anarchia del mondo imperialistico e capitalistico, imponeva alle sinistre, in Italia e in Europa, una risposta nuova e forte di contrasto.
E la risposta Riccardo Lombardi, di cui il 18 settembre prossimo ricorre il 30esimo della cremazione senza riti religiosi, la incardinava su tre riforme di struttura, interconnesse tra loro: 1) l’affermazione del primato della politica e quindi della società, sull’economia non più di stampo fordista ma finanziaria; 2) l’utilità dei beni da produrre, così che fossero durevoli e sociali rispetto a quelli deliberatamente deperibili e individualistici, come imponeva il libero mercato e il modello consumistico in voga; 3) la piena occupazione da perseguire mediante la drastica riduzione dell’orario di lavoro, per riformare il lavoro divenuto alienante e, per molti, ripetitivo.
Su queste tre riforme di struttura o strutturali, parola magica abusata dal neoliberismo e dai suoi adepti, come Mario Monti e Mario Draghi, invece di contro-riforme strutturali, poggiava l’idea dell’alternativa socialista al modello capitalistico che, divenuto troppo costoso per l’umanità intera, e tutt’altro che sulla via della catastrofe sempre attesa, aveva [ed ha] in se’ il vurus letale della guerra come via d’uscita: così avvenne nel ’29 con la Grande Depressione.
A Enrico Berlinguer, refrattario a mettere in discussione, al di là degli slogan propagandistici, lo status quo, il modello capitalistico, rimproverava […] la stranezza di quella sua invocazione al governo mondiale. Per poter arrivare a una soluzione del genere in un mondo ben governato, non si assisterebbe a questo fenomeno stranissimo di capitali immensi vaganti da una banca all’altra.
E ancor di più, per restar fermo al compromesso storico, ossia al blocco imperniato sulla Dc, nonostante la straordinaria vittoria del ’74 del referendum sul divorzio e la crisi d’identità e di rappresentanza sociale della Dc, ribatteva, rivolgendosi anche all’ondivago e instabile Psi: inseguire una Dc nel sogno di una sua impossibile trasformazione, in modo da renderla disponibile a una modificazione della società italiana che, per la sua natura stessa, è assolutamente incompatibile con la Dc e con la sua struttura di potere, condurre la Dc ad autoliquidarsi per poter mantenere un potere e profittare di questo potere per farsene uno strumento per autoliquidarsi, tutto questo è francamente fuori da ogni ipotesi probabile, di ogni ipotesi seria di condotta della nostra vita politica […] noi parliamo di ribaltamento del sistema.
Questa analisi economica e anche sociale di Lombardi spiega meglio e più di un manuale di economia e della pletora di economisti fatti in batteria e di intellettuali e imprednitori, come il tandem del partito editoriale Espresso-Repubblica, Eugenio Scalfari e Carlo De Benedetti, discepoli della scuola di pensiero neoliberista per l’affermazione di un nuovo ordine mondiale che si esprime in un modello di società che prescinde totalmente dalle persone e dalla loro vita, dai loro bisogni e dalle loro aspirazioni, quanto sta accadendo oggi con la politica che non decide nulla, ridotta a ancella povera della finanza, o meglio delle lobby finanziarie [la Trilaterale] e degli incappucciati della finanza, che governano con il mouse, l’Italia, l’Europa e in sintonia con il Fmi, buona parte del mondo.
Non è un caso che il pilota automatico che oggi sta a Bruxelles, Mario Draghi e che dirige il pifferaio Matteo Renzi, e che ieri stava in Banca d’Italia, Guido Carli, che dirigeva il pifferaio democristiano, siano entrambi evocati dal fondatore di Repubblica come salvatori, mentre la loro opera è, ieri come oggi, in sintonia con la riorganizzazione del capitalismo denunciata illo tempore da Lombardi.