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Primarie Pd Emilia Romagna, l’insuccesso di Bonaccini ha trionfato

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo l’articolo di Giorgio Ponziano apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi

Lo tsunami renziano si è dissolto in un leggera brezza proprio nella roccaforte rossa, l’Emilia-Romagna. Ovvero Matteo Renzi perde punti e soprattutto dietro a lui, il nulla. Il re è uscito nudo dalle urne. Stefano Bonaccini è stato votato da meno della metà degli iscritti al Pd, Roberto Balzani è sotto di 20 punti. Un disastro. In pratica il futuro presidente della Regione Emilia-Romagna, al posto del dimissionato dalla magistratura Vasco Errani, non è stato votato neppure dai suoi. Bonaccini ha vinto solo grazie alla blindatura dell’apparato: era il segretario regionale del Pd, ha dato le dimissioni ma non è stato sostituito. Però i seggi desolatamente vuoti la dicono lunga sul suo livello di gradimento.

Gli iscritti al Pd, nella regione, sono 75 mila. Hanno votato in 58 mila. Alle precedenti primarie per il segretario (Renzi, Cuperlo o Civati) avevano votato in 400 mila e in 155 mila per la scelta dei parlamentari nel dicembre 2012. Domenica è stato un tracollo. I voti raccolti dal vincitore Bonaccini sono gli stessi che ottenne lo sconfitto Civati alle primarie per il segretario. La campagna elettorale è stata atipica, e anche questo ha influito sulla disaffezione: due soli candidati, il ritiro del successore in pectore indicato da Errani, il sindaco di Imola, Daniele Manca, osteggiato da una parte del Pd, il forfait del prodiano (Patrizio Bianchi), poi del parlamentare locale (Matteo Richetti, richiamato all’ordine dai renziani per non disperdere i voti), quindi l’inchiesta della magistratura su Bonaccini per le spese pazze in Regione (il fascicolo è poi stato archiviato). Ogni giorno una sorpresa e alla fine i pidiessini, abbacchiati, sono rimasti a casa.

Bonaccini, carriera tutta nel Pd, ha ottenuto il 61%, con percentuali bulgare a Modena (78,5%), la sua città, e sconfitto a Forlì, la città dello sfidante Balzani (79,9%), che, al di là dell’abbraccio di facciata alla proclamazione del risultato, dice: «L’ organizzazione è stata un vero flop. L’ autentico suicidio di una classe dirigente e, quindi, il fallimento proprio di Bonaccini che del partito è stato il segretario regionale» . Aggiunge: «Il risultato delle primarie lo considero un clamoroso successo personale. All’inizio non era pronosticabile per me un risultato così alto. La scarsa affluenza alle urne è il frutto di una precisa strategia del Pd, perché queste primarie non sono state pubblicizzate e il partito non lo ha fatto sapere ai suoi elettori».

Gli fa eco il sindaco di Forlì, subentrato proprio a Balzani, Davide Drei: «Non si possono organizzare in un mese le primarie senza ottenere quello che si è rivelato un flop organizzativo, figlio della scarsa volontà di farle». Il vincitore, seppure a metà, Bonaccini, afferma: «Sono molto contento, orgoglioso e onorato di questa responsabilità che mi hanno consegnato gli elettori. Mi ha appena scritto Renzi e sono stato al telefono un pò con tutti i nostri dirigenti della regione. Questo è il primo tempo e la cosa più importante è il risultato finale. Finalmente ora avremo quasi due mesi per fare una campagna elettorale vera che è quella con gli avversari».

Già, gli avversari. Uno dei motivi per cui i dirigenti emiliani Pd ingioiano il boccone amaro della diserzione ma non hanno paura è che dall’altra parte c’è il vuoto: Forza Italia, Ncd, FdI, Lega brancolano nel buio, tra veti reciproci, improvvise aperture e chiusure, litigi e incomprensioni: il risultato è che a due mesi dal voto (il 23 novembre) non si sa ancora come e con chi si presenterà il centrodestra. Mentre i grillini (pur tra le polemiche per l’esclusione del consigliere regionale uscente, Andrea De Franceschi, coinvolto nell’inchiesta spese pazze) hanno già scelto Giulia Gibertoni, che era stata eletta al parlamento europeo (circoscrizione Nord Est) ma ha poi dovuto rifare le valigie e tornarsene a casa dopo un ulteriore conteggio che ha assegnato per due schede la vittoria a un 5stelle veneto. Adesso ritenterà la sorte elettorale in Emilia-Romagna.

Bonaccini (per ora) può dormire sonni tranquilli. Renzi lo aveva chiamato in segreteria nazionale, responsabile della macchina organizzativa del partito. Lo dovrà sostituire ma, in compenso, avrà un uomo fidato alla guida della regione-simbolo e a più forte presenza di bersaniani (è bersaniano anche il segretario Pd di Bologna, Raffaele Donini, che entrerà nella giunta regionale se Bonaccini, come ha anticipato, costituirà una giunta unitaria). Il bello è che si proclamava renziano anche Balzani. Quindi, due renziani. Ma non è bastato a smuovere iscritti e simpatizzanti.

Tutto l’establishment si è schierato con Bonaccini. Il ministro Dario Franceschini ha votato nella sua città, Ferrara: «Ho votato convintamente per Bonacini». Ha versato 20 euro (il minimo era 2 euro), quelli del seggio si aspettavano di più ma hanno fatto finta di nulla. L’ex-segretario, Pierluigi Bersani, dopo il voto a Piacenza è stato avvicinato dall’assessore comunale allo Sport, con vassoio: «Crozza mi ha detto di offrirti una birretta». Niente seggio invece per Romano Prodi, in clinica per alcuni esami in merito a una bronchite che non passa. È la prima volta che buca una primaria ma è giustificato.

I risultati passano agli archivi. Afferma Bonaccini: «Mi aspettavo qualcosa di più ma non è nulla di drammatico. Non c’era il traino delle primarie nazionali, abbiamo avuto solo quindici giorni di campagna elettorale». E Balzani, di rimando: «In realtà, l’apparato ha clamorosamente perso poiché è risultato che l’Emilia Romagna non è più quella terra di persone che votano a comando. La burocrazia Pd è riuscita a fatica a portare un numero sufficiente di persone a votare per battere me. Il mio avversario ha sbagliato come segretario regionale, avrebbe dovuto fare un congresso in modo tale da essere organizzati». Ora che farà? «Tornerò – risponde Balzani- a insegnare all’università. Mi rimane la soddisfazione che il 40% degli elettori Pd non ha seguito le indicazioni dei vertici e mi ha votato, dimostrando coraggio e voglia di cambiamento anche in questa regione ingabbiata da logiche consociative e immobiliste. Chiederò che si faccia subito il congresso».

Parallelamente sono andati al voto anche gli iscritti emiliani a Sel per dirimere la questione: con Tsipras (e quindi verso un partito antagonista al Pd) oppure insieme al Pd (con tanti saluti a Tsipras)? Il 65% (ma al voto hanno partecipato poco più di un migliaio di sellini) ha scelto il Pd e quindi Sel sarà a fianco di Bonaccini alle elezioni di novembre (e in giunta). È sempre più difficile tenere insieme le due anime del partito. Ci prova Cathy La Torre, allo stesso tempo capogruppo in Comune a Bologna (Sel è in giunta col Pd) ma anche sostenitrice tsiprasiana (quindi antagonista al Pd). Così commenta il risultato del referendum: «Non apprezzo molti aspetti di questo Pd nazionale, tuttavia credo che nei governi locali si debba fare il possibile per portare avanti il proprio programma, quindi ritengo che la vittoria di chi auspica la coalizione sia stata una decisione coerente rispetto al nostro mandato fondativo. Del resto, trovarsi all’opposizione è peggio che far parte della maggioranza, perché nel secondo caso qualche risultato lo si ottiene». Quindi Bonaccini e Sel a braccetto verso il 23 novembre.

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