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Renzi e Berlusconi, un progetto per due

E se Renzi e Berlusconi (pardon, Verdini) avessero in mente lo stesso progetto? Difficile dirlo ma alcuni segnali potrebbero farlo intuire. L’idea di non cedere il fianco a nuove elezioni, la propensione a trovare un accordo su molto (politica estera inclusa) se non su tutto, la volontà di assecondare le indicazioni del Colle con un’attenzione, quasi maniacale, a “non disturbare il manovratore”, la non curanza per le rispettive minoranze interne. Indizi, certo. Ma interessanti.

Neppure al tempo del famoso e famigerato «compromesso storico» si era giunti a tale “cordiale collaborazione” tra minoranza e maggioranza. Certo, il momento è particolare, le difficoltà economiche palesi e lo scenario internazionale assai cupo. Tutto vero, ma anche tutto (o molto) simile ad anni addietro. A decenni orsono. Ed è anche vero che, spesso, nella storia politica nostrana interessi e strategie diverse (se non opposte) sembrano portare verso risultati coincidenti. Ma l’«intesa» Renzi-Berlusconi risulta alquanto peculiare. Entrambi sanno molto bene tirare di fioretto. Entrambi hanno una “visione di gioco” ampia ed accorta con una capacità camaleontica di attendere, per poi prendere in contropiede l’avversario. Ed entrambi hanno bisogno di prendere tempo: l’uno, Renzi, per portare in porto qualche promessa, l’altro per tentare di riottenere quell’agibilità politica che la sentenza Mediaset ha indubbiamente limitato.

Eppure è sul fattore tempo che gli indizi si fanno più seri. Se infatti è plausibile, per le questioni ricordate, la presa di tempo dell’ex-Sindaco, per il Cav attendere il 2018, ovvero l’alba degli 82 anni, potrebbe rivelarsi un azzardo. Come altrettanto rischioso potrebbe palesarsi l’appoggio (seppur indiretto, discreto, ma reale) al Governo con l’eventuale traduzione in maggiori consensi per l’inquilino di Palazzo Chigi, o, al contrario, la condivisione di un «fallimento».

L’azzardo quindi appare evidente almeno che tutto ciò non si configuri come calcolo politico. L’idea cioè, di governare -di fatto- insieme, offrire tempo all’elettorato più riottoso dei due partiti per digerire la collaborazione, e poi dare vita ad un nuovo “progetto politico” che riunisca sotto un unico tetto la porzione riformista del PD e la gran parte di Forza Italia con una naturale emorragia a sinistra per il primo ed un probabile deflusso a destra per il secondo. Progetto politico da affidare, una volta concretizzato, alle cure “vigilate” del ragazzone di Pontassieve, vero erede mediatico-politico del Cav.

L’idea, infine, mai tramontata di cambiare nome al PD e le voci sempre più insistenti sulla volontà, più o meno confessata o confessabile, di archiviare il fu “partito di plastica”, rafforzano un sospetto che, c’è da immaginare, non dispiacerebbe a tanti in Italia.

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