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Renzi forever?

La crisi, quasi irreversibile, del centrodestra apre un’autostrada al futuro politico di Renzi. Un pasticcione e un demagogo che però governerà l’Italia per molti anni.

Con grande fatica ha preso il via il cantiere per ricostruire, nello schieramento politico italiano, un polo moderato o di centrodestra. Nei giorni scorsi Ncd, Udc, Popolari e moderati di Scelta civica si sono riuniti per far partire il progetto. Lo scopo è quello di dare una strategia unica a quelle forze popolari e liberali che collaborano al governo con il Pd ma che sono chiaramente alternative ad esso.  Inutile mettere la testa sotto la sabbia. I moderati oggi sono in forte crisi. Il fallimento politico di Berlusconi pesa come un macigno. Il fronte è diviso sostanzialmente in due tronconi. Da una parte Forza Italia con il Cav. e i suoi irriducibili. Il movimento non ha nessuna prospettiva politica. La sua ragione sociale, ottimamente impersonata da Verdini, è sopravvivere, per i parlamentari mantenendo fino a quando sarà possibile il posto, per Berlusconi assicurando il miglior futuro possibile alle sue aziende. Per questo, dopo aver capito di aver fatto un grosso errore a far cadere Letta, oggi fanno di tutto per sostenere, anche se formalmente dall’opposizione, Renzi. E il premier li asseconda in questo disegno perché capisce che un’opposizione egemonizzata da loro è per lui la garanzia migliore di restare per sempre al governo. L’altro pezzo, minoritario, del fronte moderato è rappresentato appunto da Ncd, Udc, Popolari e parte di Scelta civica. Questi sono al governo perché in questo momento sarebbe da irresponsabili non assicurare la maggioranza a Renzi, pur con tutti i suoi limiti. Solo che questo loro senso di responsabilità viene pagato, di fatto,  con un’immagine completamente schiacciata sul premier. Renzi, che non a caso aumenta di continuo il suo gradimento,  dal punto di vista mediatico è come Berlusconi. Occupa tutti gli spazi, anche quelli che formalmente dovrebbero essere presidiati dai suoi alleati. Valga per tutti l’esempio della scuola, dove la povera Giannini, di Scelta civica, pur essendo  ministro dell’Istruzione, non si vede mai, nemmeno quando viene alla ribalta la riforma della scuola (ironia della sorte: in quei giorni i giornali hanno parlato di lei per il suo prendere il sole a seno scoperto).  Da qui la necessità, per chi non si riconosce nel PD, di mettersi insieme. Con un doppio scopo. Rafforzare nell’Esecutivo la voce moderata e creare il nuovo polo di centrodestra che dovrà sfidare il Pd quando ci saranno le elezioni.

Nella riunione che si è tenuta a Roma è stato messo a punto una sorta di percorso. Prima di tutto concordare una posizione comune sui temi economici da far valere nei confronti del PD. Il primo test, di vitale importanza, sarà la riforma del diritto del lavoro. Ne vedremo gli sviluppi. Poi arrivare alla costituzione di un gruppo unico nelle Camere e dar vita ad un solo partito. I moderati pensano di dispiegare quest’azione nell’arco di questa legislatura che dovrebbe durare i tanto reclamizzati 1000 giorni. Un tempo molto lungo ma quasi obbligato da due fattori: la permanenza sulla scena di Berlusconi, molti pensano che l’età riesca dove non è riuscita la competizione politica, e l’ambizione dei tanti piccoli leader che affollano la scena e che più sono piccoli più pensano di essere grandi. Visti i presupposti, il ragionamento ha una sua logica solo che, se anche funzionasse, fra 1000 giorni sulla scena ci sarà solo Renzi e il suo PD che nel frattempo avrà cambiato nuovamente pelle e si sarà trasformato davvero nel Partito della Nazione. A questa prospettiva ci sarebbe una  sola alternativa. Una scossa molto forte dei moderati. Facile a dirsi, difficile a farsi. Dovrebbe andare a casa Berlusconi, tutta l’area dovrebbe compattarsi dietro ad un leader che ancora non c’è e dovrebbe essere messo a punto un programma all’altezza della situazione. Troppi condizionali. In fondo è la storia che si ripete. Una sorta di nemesi. Vent’anni fa l’incapacità della sinistra generò Berlusconi, oggi l’incapacità della destra ha dato vita a Renzi.



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