E’ andata proprio così: la gente ha avuto paura ed è andata a votare. Risultato, un’affluenza record all’80% e svanisce il sogno (non si sa quanto bello) di una Scozia indipendente; anche per l’euro, almeno in Italia, si correrebbe un rischio simile. Persino gli elettori di Renzi sono contrari all’austerity…ma vagli a spiegare che euro, quest’Europa e l’austerity sono un tutt’uno!
E, tuttavia, un referendum se avesse successo, farebbe paura ed il risultato finale sarebbe controproducente al punto tale da scoraggiare le ulteriori riflessioni che, per ora (bontà loro!) ci sono concesse. Meglio insistere sulla contraddizione tra no-austerity e sì-euro, ma proponendo cose fattibili, chiare che, alla fine ci potrebbero portare alla Terra Promessa e lontano dall’Egitto: emissione di titoli fiduciari da parte dei privati, ma anche dello Stato che finirebbero per circolare come moneta (non quella “legale”, ma pur sempre capace di affrontare i problemi di liquidità che sappiamo); creazione di una banca pubblica (come hanno Francia e Germania) per collateralizzare i crediti delle pubbliche amministrazioni (600 miliardi), darli alla BCE in cambio dell’equivalente in euro allo 0,05%, pagare i 100 e passa miliardi di debiti verso i privati; ripristinare la netta separazione tra credito e finanza (oramai alla bancarotta); rilanciare la domanda facendo crescere i servizi pubblici (asili nido anche per gli Italiani, trasporti migliori, sanità adeguata) perché solo sollevando le famiglie da queste spese primarie si può pensare che riaumentino i consumi e, quindi, le assunzioni (le imprese, a quel punto, dovranno assumere e lo faranno alle condizioni correnti che si facciano o non si facciano le cosiddette riforme del mondo del lavoro).
Poi si vedrà. Sperando che una nuova guerra mondiale non peggiori tutto tranne la sopravvivenza degli attuali dominanti che preferiscono aizzare i conflitti tra poveri (anche di diversa nazionalità o religione) e tra popoli. Vecchia storia, ma mentre nel passato le guerre erano occasioni di vendita di armi e quant’altro, oggi distruggono le relazioni che rappresentano il bene economico (e non solo economico) più importante della nostra epoca.