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Alfano e i matrimoni tra gay

Al netto della percentuale di autopromozione pubblicitaria, l’iniziativa di Angelino Alfano dal punto di vista formale può anche avere qualche base legale. Ma il ministro dell’Interno, col divieto prefettizio ai Comuni di trascrivere i matrimoni tra gay celebrati all’estero, forse ha fatto un po’ di confusione tra legalità e moralità.

Come ci ha insegnato Kant, infatti, la legalità è moralmente neutrale: essa concerne le istituzioni politiche, non la moralità. L’ordine politico non può esigere l’integrità morale dei cittadini, ma unicamente la loro lealtà.

Nella sua città ideale, Platone ammetteva solo la sessualità riproduttiva. Il filosofo greco esprimeva così quell’aspirazione alla continenza e al controllo delle passioni che diventerà centrale nel cristianesimo. Oggi, almeno in Occidente, le inclinazioni sessuali di molte persone hanno poco a che vedere con l’investimento genetico nelle generazioni future. Non so se ormai siamo burattini di ormoni egoisti, per riprendere la famosa metafora di Richard Dawkins, ma la realtà è questa.

Che la Chiesa vi si opponga, anche quella più benevola e accogliente di Papa Francesco, non solo è legittimo, ma del tutto coerente col suo magistero. Spetta tuttavia alla discussione pubblica (il leader del Nuovo centrodestra dovrebbe saperlo) affrontare i problemi posti dal cambiamento dei costumi e dai tortuosi sentieri della natura.

Nella discussione pubblica, ovviamente, contano gli argomenti che si portano a sostegno delle proprie tesi. A me non sembra plausibile, ad esempio, quello secondo cui – sulla scorta della tradizione giudaico-paolina – la convivenza tra omosessuali costituirebbe una minaccia mortale per la finalità della procreazione. Se il criterio fosse questo, del resto, anche la castità assoluta andrebbe parimenti biasimata.

Per venire all’attualità, quanti temono che le unioni tra gay preparino un avvenire senza prole, devono comunque stare tranquilli. Provvederà a mettere le cose a posto il “calcolo inconscio” dell’evoluzione; o, se non piace Darwin, la “volontà della specie” di Schopenhauer.



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