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Cosa fare in Italia dopo gli stress test sulle banche

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I dati che emergono dagli stress test sul sistema bancario europeo pongono serie riflessioni sul ruolo strategico del sistema bancario nazionale. Comprenderne appieno le sinergie e le minacce sui mercati finanziari globali da un lato e sul fronte interno dall’altro, dovrebbe essere compito non solo della Vigilanza della Banca d’Italia e dei vari centri studi della maggior parte di essi.

Un’altra fonte di analisi sono quegli studi commissionati da enti o elaborati da istituti indipendenti che sorvegliano i mercati, le sinergie industriali, transattive e commerciali di un sistema economico complesso, qual è quello italiano ed europeo.

Negli anni della crisi buona parte di queste analisi di scenario, più degli economisti mainstream, hanno azzeccato le previsioni, mitigato i rischi e confuso le strategie dei consumatori bancari con varie tipologie di interventi tampone, ingenti drenaggi di liquidità a servizio dei titoli di debito interni e variazione delle quote in mani straniere.

Abbassando il livello di rischio di insolvenza dello Stato hanno reso un servizio non solo alla nazione ma a tutto il sistema internazionale, vista l’elevata interdipendenza del circuito bancario e finanziario italiano con le piazze della finanza internazionale.

L’intelligence economica del nostro sistema avrà sicuramente giocato un ruolo chiave in tal senso, ma non giustifica la mancanza di una strategia di medio termine includente il sistema bancario nazionale. Come vogliamo superare la crisi quando non abbiamo sviluppato una strategia sistemica sul fronte legislativo ed economico della rete bancaria italiana? Quando fare le aggregazioni se il mercato le rifiuta? Quali integrazioni straordinarie necessitano le fondazioni bancarie per operare con maggiore flessibilità nello scenario finanziario senza sentirsi minacciate dai mega fondi stranieri?

In quali mercati affacciarsi per integrare la filiera internazionale oltre le posizioni già conquistate, non senza difficoltà, da Unicredit, Intesa SP, Generali, Veneto Banca e Ifis? Potrebbe la nostra rete internazionale di uffici bancari accompagnare gli investimenti e supportare le imprese sostituendo il mitico ICE, ottimizzando i costi delle ambasciate e dei consolati?

Porre una seria riflessione strategica sul ruolo che i gruppi bancari nazionali potranno ricoprire, sia per il rilancio economico del paese che per le opportunità che il grande mercato euroasiatico e transatlantico offrirà alle nostre industrie manifatturiere e agroalimentari, significa proiettarsi nel futuro del paese con la consapevolezza dei mezzi e delle risorse necessarie al raggiungimento degli obiettivi di crescita sostenibile.

Se vogliamo rilanciare i consumi interni, spingere le esportazioni, pianificare una fiscalità equa e fornire strumenti competitivi al nostro sistema economico dobbiamo affrontare strategicamente la proposta Bazoli in merito all’aggregazione del sistema bancario vincendo quelle sterili opposizioni individuali e gli affarismi locali, liberando il mercato dal finanziamento strumentale degli asset debitori, semplificando le procedure legislative delle fondazioni e degli enti correlati, rafforzando il capitale umano e la selezione del personale, valorizzando le economie territoriali con le competenze reali.

Su queste basi dovrebbero dialogare il governo e ABI, Banca d’Italia, Sace, Cdp e Inps, concorrendo insieme alla realizzazione di una commissione di strategia economica permanente, chiave di volta per il rilancio strutturale dell’Italia sui mercati globali.
Ora tocca ai decisori prendere la palla al balzo, per il bene del Paese, che vorremmo tutti.



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