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Cattolici in politica: tramonto di un’ambizione collettivistica

 

L’irrilevanza della presenza cattolica in politica sembra essere smentita dai fatti: il maggior partito del Paese e della sinistra europea, il PD, è guidato da un cattolico puro sangue (anche se di terza/quarta generazione rispetto ai padri fondatori della DC), lo stesso Governo nazionale è a trazione cattolica: cattolico è il Presidente del Consiglio, cattolici sono i Ministri dell’Interno, dei Trasporti, della Salute e dell’Ambiente.

Quindi il malessere a cui l’autorevole penna del professor Antiseri da voce non sembra affatto figlio di una diserzione quanto, piuttosto, di un riaffiorare del carsico bisogno di esclusività: della necessità, cioè, di un “contenitore” per soli cattolici. Di una casa comune per i soli cittadini-fedeli.

Più o meno ciò che fu la DC degli albori. Quel partito – come ricorda l’Enciclopedia Treccani – nato sulla base di uno stretto rapporto con l’istituzione ecclesiastica, grazie a un’iniziativa sostenuta direttamente dalla Santa Sede – in particolare a opera del sostituto della Segreteria di Stato, monsignor Giovanni Battista Montini – e da parte dell’episcopato italiano. Si deve proprio a monsignor Montini un forte impegno per far confluire nel secondo dopoguerra tutte le esperienze più significative del cattolicesimo italiano in questa formazione, contrastando la loro dispersione in altre proposte politiche, dai Cristiano-sociali ai Cattolici comunisti.

Da quel contesto ci separa tutto. Non ultimo un diverso essere della cattolicità. Oggi la Chiesa ha una vocazione plurale oltre che universale. Questo lo snodo. Oggi è la sensibilità che ispira e guida la scelta politica del credente. Non certo l’appartenenza. L’insegnamento è uno. Una è la Chiesa. Ma le declinazioni (anche nello stesso clero) sono molteplici.

Nell’ultimo ventennio molti sono stati i momenti di vicinanza (anche conclamata) tra la Chiesa ufficiale e il Governo italiano, ciononostante il farsi della Chiesa sul territorio (alla stregua del voto cattolico) ha continuato a manifestarsi plurale. Il Sinodo, con la sua portata di Grazia per il mondo, è espressione illuminate di tale complessità. Oggi la Chiesa appare realmente come il Popolo di Dio. Non il popolo di Roma. Tutto ciò dovrebbe far riflettere chi aspira ad una nuova “identità collettiva”. Oggi la forza della Chiesa cattolica è rappresentata dalla sua intrinseca diversità. Da quella “confusione operosa” che tenta di farsi seme in una terra battuta – in lungo e in largo – da falangi strabordanti di paure e di finte (spesso violente) sicurezze.

In una “cattolicità liquida” pensare ancora in termini di “recinti” omologanti, nel suo essere legittimo, appare assai antistorico.


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