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Chi si mobilita per i cristiani perseguitati nel mondo

Mentre i terroristi del cosiddetto Stato islamico “sembrano aver subito nelle ultime ore battute di arresto nelle loro offensive in Iraq e in Siria” (Segna il passo l’offensiva dell’Is, in L’Osservatore Romano, 18 ottobre 2014, p. 1), il mondo cattolico italiano si mobilita ancora una volta per combattere la persecuzione dei fedeli di Cristo in tutto il mondo. Una grande manifestazione, infatti, è stata indetta a Ferrara il 26 ottobre prossimo, dove a partire dalla ore 15.30 si terrà una Marcia di preghiera e di sensibilizzazione pubblica a favore dei cristiani perseguitati, intitolata “Non dimentichiamo i nazareni di Iraq, Siria e Africa”.

PAROLIN: PERSECUZIONI PER “ODIO ANTICRISTIANO”
In effetti, nonostante il tardivo intervento dei raid aerei della coalizione internazionale in Iraq e Siria, la scia di sangue dei martiri della Fede si protrae nel mondo senza che le grandi autorità politiche, nazionali ed internazionali, si facciano del tutto carico della loro dignità. La persecuzione religiosa, ha denunciato di recente il cardinale Pietro Parolin, interpella le coscienze in tutti quei contesti nei quali «tanti nostri fratelli e sorelle permangono oggetto di un odio anticristiano». Sono parole di fuoco quelle che, ormai sei mesi fa’ (il 16 aprile 2014), il Segretario di Stato vaticano ha pronunciato presiedendo una veglia di preghiera «in ricordo di quanti in questi ultimi anni hanno offerto la loro vita al Vangelo».

La mappa delle violenze e delle persecuzioni di cui sono oggetto oggi i cristiani abbraccia un pezzo d’Africa, si stende sul Medio Oriente e corre verso l’Asia, arrivando sino ai suoi estremi confini orientali. È un tema così drammatico, che raccoglie le maggiori preoccupazioni di Papa Francesco il quale, durante la Messa del 6 aprile 2013 a Santa Marta, ha ricordato come, «oggi, nel XXI secolo, la nostra Chiesa è una Chiesa di martiri».
In effetti, intere Regioni della Nigeria, dell’Irak, della Siria, ed anche aree territoriali meno visibili ma altrettanto teatro di violenze come ad esempio la Crimea, sono in preda a guerre quotidiane che vedono nei cristiani le prime vittime innocenti. Un coraggioso sacerdote greco-cattolico di Crimea, padre Michailo Michalkovskij, ha peraltro avvertito che nel futuro si paventano anche maggiori e nuove persecuzioni per i credenti in Cristo (cit. in Marco Tosatti, I cattolici temono la persecuzione, La Stampa.it, 15 marzo 2014).

SAKO: PASTORI, NON ABBANDONATE L’IRAK!
Meno coraggiosi si sono dimostrati, invece, quei pastori ai quali si è rivolto il patriarca di Babilonia dei Caldei, Louis Raphaël I Sako, per richiamarli in patria nel messaggio pubblicato il 24 settembre sul sito in rete del patriarcato. Mons. Sako, a fronte dell’avanzata delle violenze e delle persecuzioni dei miliziani fondamentalisti dello Stato islamico, ha chiesto ai sacerdoti e religiosi caldei che, nel recente passato, hanno lasciato l’Irak senza aver chiesto e ottenuto il necessario consenso dei propri superiori, di tornare “a custodia del loro ovile”. Infatti, come scrive il patriarca, «[…] per la loro condizione, i sacerdoti e i monaci non possono decidere “dove servire, come servire e chi servire”, operando scelte in chiave individualistica, senza dare conto a nessuno delle proprie decisioni. “Dobbiamo vivere e morire nel luogo dove Dio ci chiama”[…] Adesso, soprattutto dopo i tragici eventi che nel nord iracheno hanno coinvolto decine di migliaia di cristiani costretti ad abbandonare le proprie case davanti all’avanzata dei jihadisti dello Stato islamico» (cit. in Il patriarca di Babilonia dei Caldei scrive a sacerdoti e religiosi della diaspora. In Iraq con la gioia del Vangelo, in L’Osservatore Romano, 25 settembre 2014, p. 6).

PAPA FRANCESCO E L’“ECUMENISMO DEL SANGUE”
Raccogliendo il tema dell’“ecumenismo del sangue” dei fedeli in Cristo lanciato dal Santo Padre, il card. Parolin nel sopra citato intervento ha ricordato come i “nuovi martiri” del secolo in corso, sono «cattolici, ma anche ortodossi, evangelici, anglicani e ci invitano all’unità». Talvolta, ha infine sottolineato, “è solo il nome di ‘cristiano’ ad attirare l’odio, perché esso richiama la forza pacificante, umile, di cui essi sono portatori, come tanti volontari, laici o consacrati e consacrate, giovani e anziani, la cui vita è stata recisa mentre servivano generosamente la Chiesa e comunicavano l’entusiasmo della carità”.

Chi allora dovrebbe mobilitarsi per difendere questi martiri della Fede? Il Segretario di Stato della Santa Sede, intervenendo ad un convegno organizzato presso il Senato della Repubblica il 12 febbraio 2014, ha dato una risposta: “Spetta allo Stato rimuovere gli ostacoli, giuridici o fattuali, che limitino o addirittura impediscano l’esercizio del diritto di libertà religiosa, e sull’impegno in questo senso è la vera misura della autentica laicità”.


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