“Una misura propagandistica. E, ciò che è peggio, inefficace”. Sergio Corbello, presidente di Assoprevidenza, liquida così l’ultima idea del governo di Matteo Renzi, il tfr in busta paga. “L’idea di mettere il tfr in busta paga non è nuova ed è stata ricorrente, sostenuta da destra e da sinistra, negli ultimi venti anni. Le stupidaggini non hanno colore politico”.
Dunque, dal suo punto di vista, quali effetti avrebbe anticipare il trattamento di fine rapporto?
Ho il sospetto che le stesse motivazioni di questa misura, ovvero che possa spingere sull’acceleratore dei consumi, non siano valide. Come con gli 80 euro, l’effetto sperato non c’è stato affatto. E non vorrei fare sociologia d’accatto, ma perché i consumi ripartano ci vuole ben altro, ci vuole ottimismo. È difficile che, se si è psicologicamente depressi, quattro soldi in più in busta paga possano cambiare lo stallo in cui ci troviamo.
È una bocciature su tutta la linea.
Sì. Senza considerare che le modalità di attuazione del trasferimento del trattamento di fine rapporto in busta paga, possono implicare confusione e complicazioni tali da rendere i costi amministrativi enormi. Insomma, il gioco proprio non vale la candela.
Possiamo dire che si tratti di una misura inefficace, ma almeno non dannosa?
Non direi. Di fatto si disincentiva la previdenza complementare di cui il trf è la componente principale: è una quota del 7% della retribuzione e arrivando al 10% ci si crea una pensione complementare valida. Consumare tutto ora dimenticandosi del futuro non è una strategia vincente. In questo momento dovrebbe essere favorito il risparmio e non il consumo. E favorire la previdenza complementare può infine favorire anche i consumi.
Si dovrebbe cioè incentivare il risparmio ai fini previdenziali e non sperare in un consumi nell’immediato. E Renzi come può farlo?
Ci vuole maggiore informazione: il lavoratore deve avere precisa conoscenza del proprio futuro pensionistico. E in secondo luogo si dovrebbero veicolare risorse verso la previdenza complementare. Cosa può fare il governo? Informare puntualmente i lavoratori di quelli che saranno i livelli pensionistici, che con il ritmo a cui cresce il Pil sono ancora più penalizzati: se io so di quanto potrò disporre, so regolarmi e dividere correttamente le mie risorse tra consumi immediati o futuri.
Tuttavia una misura come questa, intrisa di populismo, potrebbe incontrare l’accoglienza dei lavoratori.
Se il contributo sarà su base volontaria, io sono arciconvinto che i lavoratori nella maggior parte dei casi non avranno voglia di avere il tfr in busta paga. Anche perché dimentichiamo che anche ora si può avere l’anticipazione del tfr, che nelle piccole imprese si negozia direttamente e individualmente. Il trattamento di fine rapporto è una forma di autofinanziamento dell’impresa finché resta nell’impresa, ma nella prativa è una somma già liquida. Insomma si tratta di una gran bella discussione senza senso.
Cerchiamo un aspetto positivo. In un momento in cui le aziende usano lo strumento del concordato preventivo, falliscono e non sempre liquidano il dovuto a fine rapporto, potrebbe essere conveniente averlo già ritirato nel corso della vita lavorativa.
Il tfr rimane nelle aziende con un massimo di 50 dipendenti, a meno che il lavoratore non abbia scelto di versarlo in forme di previdenza complementare. Per le aziende più grandi si trova invece presso la Tesoreria dell’Inpsi. Ed è coperto dal fondo di garanzia. Guardi, proprio no, non c’è nessun aspetto positivo.
Intanto Renzi, che aveva ricevuto l’apertura di credito gratuita dall’Europa, pian piano perde colpi e fiducia. Questa mossa è un colpo di grazia? Come lo pone agli occhi degli osservatori internazionali?
È del tutto indifferente per chi ci vede dall’estero, perché fuori dall’Italia non si sa neppure cosa sia il tfr…