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Crisi di tesseramento: il PD ai tempi di Renzi

Il Partito Democratico vive un momento davvero particolare della sua (breve) storia. Il più grande partito italiano, nato dall’incontro di tradizioni politiche differenti, che contava 539.000 iscritti nel 2013 sembra oggi essere al palo, con -400.000 iscrizioni in un anno.

Secondo alcuni commentatori è il prodotto dei tempi che cambiano e dunque non c’è da preoccuparsi, anzi. Il PD si adatta alla società: il tesseramento può essere eliminato.  Secondo altri è stata fatta una bella pulizia: e su questo possiamo anche essere d’accordo, se il tesseramento ha coinciso con un mero “servizio di voto“, chiamiamolo così. Ed è accaduto.

Però, questi approcci sono un po’ semplicistici. Non tengono in considerazione il significato della “tessera” e non considerano il fatto che i grandi partiti europei, malgrado la società che cambia, non hanno perso iscritti in modo così eclatante. Mi limito al caso tedesco, dove l’SPD ha addirittura aumentato la propria base di iscritti arrivando ad oltre 550.000 tesserati.

L’attuale leadership del Partito Democratico ha senza dubbio strizzato l’occhio a chi la politica non la vive quotidianamente e che concepisce il proprio impegno limitatamente al gesto del voto. Ha sicuramente strizzato l’occhio ad un elettorato che non è tradizionalmente né di sinistra né di centro sinistra, ma di centro-centro destra. La comunicazione politica  di Matteo Renzi è pura retorica, se analizzata attentamente quella comunicazione non ha sostanza: è figlia di un’esperienza ventennale di politica da talk-show e del berlusconismo. Sì, il berlusconismo come “a-cultura” non solo politica, ma anche umana.

Una comunicazione accelerata che privilegia lo scoop alla spiegazione, che privilegia le retoriche e le visioni fumose alla concretezza delle cose da fare e dei dati. Una politica che è chiacchiera e poca sostanza. Siamo ad un bivio ed è bene che tutti ci rendiamo conto di aver in mano il futuro di un partito politico, ma anche del modo che si intende di fare politica, anche da sinistra.

La tessera è un simbolo, ma anche un modo di identificarsi con un certo agire politico. Quello dell’attivismo e dell’impegno continuato e sincero. Gli attivisti e i militanti dedicano tempo libero alle attività politiche e lo fanno perché il piacere che ne deriva è di gran lunga superiore della perdita economica. Il concetto stesso di “compagno”, termine usato ancora oggi nel partito socialista europeo (non nel PD) richiama una dimensione bella della “condivisione” e dello stare insieme. Del dividere il pane con gli altri. Un concetto, per altro, molto cristiano.

C’è nello Statuto del Partito Democratico un errore di fondo, anzi più errori: 1) deve essere superata questa doppia presenza del Segretario-Primo ministro; gli eletti hanno il DOVERE di usare la propria testa anche per controbattere o criticare l’operato del Governo, invece prevale una fedeltà di partito per cui il Segretario non si critica, si difende a tutti i costi (e accade poi per la speranza di avere un incarico oggi o domani, o una riconferma nelle candidature); 2) il Segretario deve essere scelto dai soli iscritti paganti, regolarmente iscritti nelle liste degli iscritti e non chiunque; 3) gli elettori hanno diritto di essere ascoltati, ma non devono influenzare le scelte interne del partito, il loro potere lo esercitano nel momento delle elezioni politiche, tutto ciò che riguarda l’assetto organizzativo e programmatico di un partito, spetta ai propri iscritti; 4) alcune norme inducono ad agire più come un comitato elettorale che come un’organizzazione complessa; si va alla rincorsa cercando quanti più voti possibili a prescindere da chi queste persone siano e poi siamo contenti di dire, abbiamo il 40,8% (dimenticandoci che il riferimento è a chi ha votato, ossia la metà degli aventi diritto al voto… altra stanca retorica…).

L’SPD che è un vero partito socialdemocratico (non come noi.. purtroppo) non è in crisi di iscrizioni ed è un partito di governo. In termini di consenso ha pagato in modo pesante le riforme di Schroeder, perdendo quasi 15 punti percentuali rispetto ai tempi gloriosi di Willy Brandt e ad oggi fatica a risalire la china, inchiodato al 25-26% anche se alle europee ha fatto una buona performance toccando il 29%. Eppure gli iscritti salgono. Nell’SPD chiunque voglia partecipare paga: 2,5euro al mese se sei un “simpatizzante” e non hai comunque diritto di voto né attivo né passivo, e se ti iscrivi paghi in proporzione al tuo reddito. Il tutto rigorosamente con prelievo da conto corrente.

Il PD dovrebbe organizzarsi meglio, anche dal punto di vista della trasparenza. Tracciare i fondi e darne pubblicità. Non basta: la comunicazione politica di questi ultimi mesi ha depresso il concetto stesso di militante. Sul dissenso è stato detto di tutto, l’attivista è fumo negli occhi per una classe politica che vorrebbe avere mani libere su tutto e che per ottenere questo scopo ha dato a chiunque le chiavi della casa comune. Vergogna.

Militanza e attivismo sono qualità, non difetti. Questo salasso di iscritti mette in mostra (salvo cambiamenti epocali nei dati) che la strategia partitica e politica di questa dirigenza ha fallito profondamente e un partito senza militanti e attivisti non è più un partito degno di questo nome.

I have a dream: che il Partito Democratico riscopra il senso del proprio ruolo e che diventi davvero socialdemocratico, più simile all’SPD che non a Forza Italia.

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