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Dalla parte delle donne (e non solo) e del lavoro

Ecco oggi ci occupiamo, dopo averlo studiato a fondo, del Testo delega licenziato al Senato che sta arrivando alla Camera il così detto JOBS ACT Poletti/Renzi. Ci siamo fatte una opinione libera da condizionamenti politici, lucida, autorevolmente perplessa. E abbiamo fatto bene ad aspettare perché alla luce dei dati Istat attuariali proprio oggi pubblicati che fanno il paio con i dati Eurostat, il lavoro sommerso o lavoro nero è il vero peccato mortale dell’economia italiana che non si muove. Così succede che mentre vediamo i nuovi giovani angeli del fango sbadilare nelle zone alluvionate, il vero problema è l’inattività sia dei nostri giovani disoccupati che sono oltre il 43% e solo il 16 % hanno una occupazione, sia delle donne che da dieci anni (dal 1997) è solo il 47%: una su due non lavora e se lavora è in nero, in mezzogiorno poi solo una su quattro. Dunque la maggioranza degli e delle italiane in età da lavoro non ha un lavoro e non lo cerca,mentre come succede in Germania sono aumentati i lavoratori ultracinquantenni che rimangono al lavoro. Il testo delega si presta nella sua formulazione emendata e lasca a varie interpretazioni per cui il dubbio è che si sia preso tempo per non scontrarsi nel merito di una vera riforma del lavoro e alla Camera si darà una risposta a questo dubbio dopo una battaglia furibonda che ci aspettiamo: sarà un testo che potrà avere un senso liberale (se non toccato!) o un testo modificato dalla sinistra pd capeggiata dal cgiellino Damiano e dunque più rigido del testo arrivato al Senato e modificato nottetempo?

Renzi parlando oggi all’Assemblea degli imprenditori ha detto che saranno stanziati 30 miliardi di aiuti alle imprese anche attraverso la legge di stabilità, ma cercando di non tornare sulla rissa dell’articolo 18 ha confermato che proprio questo conflitto politico e simbolico avrà un ruolo determinante ed economico sugli imprenditori per portarli a reinvestire. Vero è che a parte la questione reintegro e licenziamento le novità vere sono la possibilità di demansionamento, la razionalizzazione delle procedure per le politiche attive nella Agenzia nazionale legata soprattutto ad una governance centralizzata degli ammortizzatori sociali che saranno non solo e non più una tutela protettiva di chi perde il lavoro ma un incentivo a reimpiegarsi. C’è poi una ambiguità nella formulazione del contratto a tempo indeterminato definito “privilegiato” superando la definizione precedente che era “prevalente” ma sappiamo bene e con certezza che il 70% dei contratti sono a termine e il vero problema è nella rigidità dei contenuti contrattuali che rimane purtroppo marmorea così come rigida è l’organizzazione del lavoro, contrariamente ad ogni schema anglosassone che invece ha reso flessibile soprattutto la produttività in azienda tramite una modulazione degli orari, dei turni, delle mansioni delle performance retributive.

L’art 18 è un Muro di Berlino di una guerra interna al pd: Renzi sa bene che se interviene direttamente con un decreto sul totem sarebbe un superamento del principio di delega e non lo farà. Invece l’ambiguità che ancora traccheggia è relativa alla questione del licenziamento. Infatti è previsto solo per i nuovi contratti nei casi di licenziamento economico non più la reintegra ma un indennizzo crescente proporzionato all’anzianità di servizio; poi nei casi di licenziamento disciplinare la tutela sarebbe o economica o reale (reintegra) secondo la tipizzazione che dovrebbe essere contenuta nei decreti attuativi; nei casi di licenziamento discriminatorio la tutela è solo reale, intonsa come ora e in armonia con le normativa internazionali e la Costituzione. Ci attardiamo invece e volentieri sull’ultimo capitolo del Maxi emendamento che seppure così circoscritto l’obiettivo politico-legislativo della Delega, appare molto positiva la volontà concreta di far aumentare l’occupazione femminile prevedendo per prima cosa l’estensione della tutela economica della maternità a tutte le lavoratrici, anche parasubordinate. Così prende corpo e sostanza l’universalizzazione della tutela della maternità, che rimedia una fattuale disparità di trattamento giuridico, agganciando la tutela all’evento maternità in sé, a prescindere dal tipo di contratto di lavoro. Ricordiamo che la soluzione estensiva è già stata anticipata dalla giurisprudenza di merito: una recente pronuncia del Trib. Bergamo (dicembre 2013) ha riconosciuto l’applicazione del principio di automaticità delle prestazioni previdenziali anche ai lavoratori parasubordinati: principio in forza del quale non si perde la prestazione previdenziale (la tutela economica della maternità) anche in difetto di contribuzione da parte del Committente. L’estensione della tutela della maternità, viene prevista dalla Delega in termini di gradualismo che dovranno essere chiariti, perché si tratta di una questione delicata, che impatta sul principio di uguaglianza formale di situazioni analoghe davanti alla legge.

Nella medesima prospettiva di incentivo all’occupazione femminile (anche delle lavoratrici autonome) va considerata anche l’introduzione del c.d. tax credit (a favore di donne con figli minori o non autosufficienti e con redditi bassi). Il tutto dovrebbe “armonizzarsi” con il regime delle detrazioni fiscali per il coniuge a carico. Dovremo capire se si tratterrà di armonizzazione o di di “sostituzione” rispetto alla detrazione fiscale, che verrebbe “abolita”. Se così è, l’incentivazione è a somma zero. Sulla questione degli effetti sull’occupazione degli incentivi fiscali si apre una autostrada di dubbi. Ottima previsione invece legata alla promozione dell’occupazione femminile, la proposta di favorire l’integrazione pubblico-privata dell’offerta di servizi per l’infanzia, specie quelli offerti dalle aziende (con l’aggiunta dei fondi ed enti bilaterali). Si tratta di forme di welfare aziendale che andrebbero opportunamente agevolate, ma il testo non chiarisce come realizzare l’integrazione e come favorire l’”utilizzo ottimale” di tali servizi. La nuova disciplina deve essere coordinata con la l. n. 92/12 che ha già previsto la corresponsione di voucher per l’accesso alla rete pubblica (e privata accreditata) dei servizi per l’infanzia e non solo ma anche per le persone anziane.

Più che convinte siamo sulla proposta della promozione di accordi collettivi finalizzati alla flessibilità oraria, all’impiego dei premi di produttività per sostenere la conciliazione vita-lavoro, meno invece il ricorso al telelavoro. L’Ufficio della Consigliera nazionale ha raccolto tutti gli accordi aziendali figli di queste tipologie e può essere l’occasione per una vera apertura, non solo alle migliori prassi collettive, ma ai sistemi di welfare aziendale che possono avere anche un carattere unilaterale, cioè essere progettati e attuati direttamente dal datore di lavoro, senza mediazione collettiva. Anziché pensare ad un’incentivazione fiscale della “singola” assunzione, potrebbe forse avere miglior successo una politica di razionalizzazione e di sgravi fiscali per le imprese che investono nella conciliazione e nei programmi di welfare aziendale o comunque incentivare il budget degli sgravi fiscali per la produttività anche se il Sblocca Italia ha requisito 104 milioni del 2012 NON usati, così come 12 milioni x la voce giovani e donne (sono andati ai cassa integrati ed esodati).

Francamente vedendo le anticipazioni della legge di stabilità si parla proprio invece di taglio alle risorse per questo intervento: la qualcosa ovviamente nutre i dubbi e contraddizioni. Noi siamo convinte che il criterio della Delega che riguarda l’integrazione pubblico-privata dei servizi all’infanzia forniti dalle imprese sia assolutamente positivo, così anche per i servizi per gli anziani. Altro legittimo dubbio è la fattualità delle ferie solidali e del tfr per obiettivi costi e gestione di entrambe le fattispecie e soprattutto per il danno recato alle aziende.

Mi piace poi concludere l’analisi con la questione risorse: non è complementare la questione. Anzi è fondamentale: infatti l’incognita dei costi è spaventosamente concreta. Tutta la Delega dev’essere attuata senza oneri per la spesa pubblica e la Relazione illustrativa si conclude con la frase ottimistica: “tutte le deleghe possono essere attuate ad invarianza di spesa”. Ma a meno di una magia… Infatti la Delega contiene un avvertimento: “poiché dai criteri di delega non risultano evidenti economie per la finanza pubblica, l’eventuale attuazione dei principi di delega con effetti onerosi non potrà che avvenire successivamente all’attuazione degli altri criteri di delega da cui derivino effetti finanziari positivi, in grado di compensare l’onerosità dei primi”.

Dunque, se l’attuazione della parte sull’occupazione femminile comporta nuovi oneri finanziari, occorre preventivamente compensare con un’economia di spesa sull’attuazione degli altri principi della Delega. Allora, pare evidente che guardare alle potenzialità della contrattazione collettiva e del welfare aziendale non sia solo la via preferibile, ma probabilmente l’unica via “realistica” per attuare un Mercato del Lavoro a misura della conciliazione vita-lavoro, a misura delle donne e degli uomini.

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