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Draghi, Napolitano e l’Europa che non c’è

Draghi, Bce, vigilanza

Fa bene a preoccuparsi il presidente Napolitano di uno stop UE ai piani del governo per temperare spending review ed austerity. Infatti se non si agisce con la massima risolutezza per rilanciare l’economia tutto sarà valutato come un segnale di debolezza e quindi sottoposto ai veti eurotedeschi. Viceversa, un’azione risoluta di emissioni di moneta fiduciaria per rilanciare la domanda e la creazione di una banca pubblica per gestire la collateralizzazione dei crediti e dei debiti delle pubbliche amministrazioni, porterebbero vantaggi per il bilancio statale.

Draghi infatti chiede le cosiddette riforme per evitare equivoci circa la sua adesione alle capacità del mercato di raggiungere un equilibrio sociale decente una volta che le banche centrali garantiscano liquidità illimitata e le banche ordinarie largheggino col  credito. In realtà certi automatismi non funzionano e lo stesso mercato serve quando c’è domanda e condizioni di sviluppo cioè istituzioni che funzionano. Ma anche le istituzioni per funzionare hanno bisogno di più risorse e non di meno risorse. Quindi senza una ripresa della spesa pubblica i privati non trovano ragioni per investire.

Le risorse ci sono dice Draghi e ha ragione ma i privati le domanderanno dopo che quelle delle banche centrali o degli Stati nazionali che possono emettere moneta fiduciaria saranno state utilizzate per cominciare. Il mercato non comincia da solo ma si muove dopo che è altrimenti partita la componente non di profitto.

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