Ci sono fattori che complicano il quadro macroeconomico.
Il primo è che i dati macro non sono di facile lettura. L’inflazione salariale americana, l’elemento più importante nelle scelte sui tassi della Fed, è straordinariamente mite in alcune statistiche (quelle del Dipartimento del Lavoro) ed è invece vivace e in crescita in altre, come ad esempio quelle raccolte da Adp. Le prime hanno il peso dell’ufficialità, ma sono vecchie e
superate nel disegno. Le seconde, quelle di Adp, sono qualitativamente migliori, ma hanno un seguito minore. La Fed si basa sulle prime, che supportano la scelta politica di tenere i tassi a zero, ma sa che ci può essere del vero anche nelle seconde.
Un altro dato di difficile lettura è quello sulla pesante caduta della produzione industriale tedesca. Si è sempre saputo che da Italia e Francia non c’è da aspettarsi molto, si è capito da tempo che la storia della ripresa europea è molto ottimismo della volontà e poco realtà effettiva. Nessuno però aveva finora messo in discussione la tenuta della Germania e la sua capacità di fronteggiare la riduzionedel mercato russo prodotta dalle sanzioni.
Se cade la Germania, si sono detti i mercati, cade l’Europa e se cade l’Europa, accompagnata da Cina, Giappone, Brasile e Russia che non stanno tanto bene, rischia di affievolirsi anche l’America. Addio rialzo azionario.
Fermi, dice però Greg Fuzesi di JP Morgan. La produzione automobilistica tedesca è quest’anno eccezionalmente volatile. Un mese molto pesante può essere seguito da un mese di forte ripresa. Aspettiamo un momento prima di dare giudizi definitivi sulla Germania (che è comunque un po’ in affanno su molti fronti) e sul mondo.
Un altro elemento di difficile interpretazione è l’atteggiamento delle banche centrali nei confronti dei mercati finanziari. La Yellen aveva già provato a stilare una piccola lista di asset sopravvalutati (alcuni bond ad alto rendimento, una parte della biotecnologia e i social network). La reazione era stata breve. La sensazione era che la Fed, scegliendo alcuni settori ad alto valore simbolico, voleva semplicemente comunicare che teneva d’occhio i mercati, non che ne desiderava la discesa.
Un’altra complicazione è Ebola. In certi momenti, vedendo l’approssimazione della risposta delle autorità e degli esseri umani in generale, viene davvero da preoccuparsi. Gli animalisti spagnoli che si sono opposti alla soppressione di un cane forse infetto ricordano tanto il Brad Pitt delle Twelve Monkeys (che nel film provoca la quasi estinzione del genere umano). In altri momenti si vedono invece le cose nelle loro attuali limitate proporzioni e ci si calma. È chiaro comunque che Ebola è, per i mercati, una variabile totalmente incontrollabile.
Provando a sintetizzare, il quadro attuale appare molto aperto. Bastano una ripresa della produzione industriale tedesca (ben possibile, come abbiamo visto), un Qe europeo fatto di Abs (potenzialmente 1.2 trilioni, dice Constancio, pari a un trilione e mezzo di dollari, molto più del Qe3 americano che sta per terminare) e un Ebola che fa parlare meno di sé per dare un buono spazio a nuovi massimi di borsa nel prossimo periodo. Un’Europa che litiga, una Bce con il freno a mano tirato, un’industria tedesca che non si riprende e un’Ebola che non si ferma possono invece farependere la bilancia dal lato opposto, anche pesantemente.