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Ecco come Grillo e Renzi stanno stritolando Berlusconi

Il commento è stato pubblicato su La Gazzetta di Parma di oggi

Le ultime dal centro-destra? La festa di primavera. Per dirla con Silvio Berlusconi, che non molla, “una grande kermesse a marzo” con l’obiettivo di rinnovare il Polo che fu. E che da tempo non c’è più.

Da tempo il bipolarismo all’italiana ha cambiato nomi e formule. Di qua Matteo Renzi, di là Beppe Grillo. L’irriducibile contrapposizione fra il leader del Pd al governo e il leader dei Cinque Stelle all’opposizione nasconde la vera anomalia politica in Italia: la marcia del centro-destra nel deserto. Chi li ha più visti? Né basterà la rondine di primavera per ritrovare la coalizione perduta. Che non ha più la chiavi del governo in mano, né contrasta sul serio il governo. Il centro-destra è lì in mezzo al guado, né carne né pesce, sperando che Renzi duri e che il patto con lui regga. Ma non troppo. Altrimenti, il presidente del Consiglio finirà col fagocitare quel che resta del giorno.

Eppure, l’unione politica dei non progressisti, cioè il Pdl più tutte le sue evoluzioni, varianti e alleanze, rappresentava l’italica versione di una dimensione politica europea. Quella dei popolari in Germania e in Spagna, dei gollisti in Francia, dei conservatori in Gran Bretagna. La sfida in Italia è invece diventata un’inedita partita a due, Renzi versus Grillo. Essi hanno riempito anche il vuoto del dopo-Berlusconi, che tanto “dopo”, oltretutto, non è, visto che Berlusconi non intende abbandonare il campo. Ma per quante acrobazie Renzi e Grillo possano compiere, per quante “buone ragioni” degli avversari quei due facciano proprie, mai il Pd si trasformerà in Partito popolare. Né i Cinque Stelle in Partito conservatore. Riempire il vuoto altrui, non significa fare quel che gli altri avrebbero fatto.

Insieme il partito di Renzi e quello di Grillo raccolgono più del sessanta per cento del corpo elettorale. Dunque, quel duello rispecchia di gran lunga il volere prevalente dei cittadini. Ma negli altri Paesi che contano, non è così. E tre volte su quattro governa il centro-destra. “L’Europa della Merkel”, viene non per caso chiamata. Perciò l’anomalia italiana è duplice. A differenza di Berlino, di Londra e di Madrid, a Roma non solo il centro-destra non governa, ma da mesi non tocca palla nello scontro fra Pd e Cinque Stelle. E’ il polo evanescente fra l’uomo più veloce del tweet (Renzi) e quello che più va alla carica, da Circo Massimo (Grillo).

Dalla riforma del lavoro al dibattito sulle nozze omosessuali, dall’immigrazione alle modifiche costituzionali, dalla politica estera alle linee guida per l’economia non c’è un solo tema in cui il punto di vista degli elettori senza partito -come si trovano di fatto moltissimi elettori di centro-destra-, sia stato decisivo o, almeno, condizionante. Persino sulla classica battaglia delle tasse la piccola presenza del Ncd al governo o la maggiore influenza di Forza Italia da fuori si sono rivelati inutili. La nuova Tasi (già il nome!) è il suggello fallimentare di chi sollecitava l’abolizione dell’imposta sulla prima casa come madre di tutte le battaglie sul fisco.

La crisi del centro-destra viene da lontano e non basterà una “grande kermesse” per esorcizzarla. E allora: primarie per tutti? Caccia a un “Renzi di destra” per competere? Conferenza di programma per cambiare? Intanto, Matteo e Beppe se le cantano. Ma cantano solo loro.

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