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Ecco come Papa Francesco silurerà Burke

E’ questione di giorni, al massimo entro fine mese, e poi il cardinale Raymond Leo Burke, prefetto del Supremo tribunale della Segnatura apostolica (la Cassazione vaticana) farà i bagagli. Non di sua sponte, si intende. Ma per decisione papale. E non si tratterà della solita, storica e usatissima pratica clericale del promoveatur ut amoveatur, della promozione che nasconde una rimozione implicita. No, qui sarà solo e soltanto una rimozione. Chiara, palese e perché tutti capiscano.

PATRONO DELL’ORDINE DI MALTA

Burke, infatti, sarà destinato alla poco più che onorifica carica di patrono del Sovrano Ordine Militare di Malta, che essendo per definizione “sovrano” non ha bisogno di capi più o meno influenti. Nei corridoi della curia si dice che il porporato americano, dell’America più profonda, rurale e conservatrice, da supremo magistrato vaticano diventerà cappellano di un ordine cavallersco.

NOMINA ATTESA ENTRO FINE MESE

Burke l’ha confermato, in una chiacchierata con qualche giornalista suo connazionale. Il Papa così ha deciso e manca solo il rituale biglietto che dispone l’avvicendamento. Forse per Ognissanti o – chi lo sa – per il giorno in cui si commemorano i Defunti, Burke sarà trasferito. A meno di improbabili ma sempre possibili ripensamenti (il Papa è liberissimo di cambiare idea, senza dover rendere conto a nessuno delle sue scelte. La storia conta innumerevoli casi di ripensamenti).

IL CARDINALE TRADIZIONALISTA

Lo spostamento era nell’aria da tempo, forse fin dal giorno dell’elezione di Francesco al Soglio pontificio. Troppa distanza culturale tra lui e quel cardinale tanto amato dai tradizionalisti che non a caso celebrerà in San Pietro il pontificale per l’annuale ritrovo del movimento Summorum Pontificum, che riunisce i simpatizzanti dell’uso antico della messa secondo il messale di Pio V. Era Stato Benedetto XVI, sette anni fa, a rendere nuovamente lecita la celebrazione di quel rito.

IL SUO RUOLO NELLE NOMINE EPISCOPALI

Ma Burke non è solo un paladino dei tradizionalisti, bensì uno dei cardinali che più peso hanno avuto durante il pontificato ratzingeriano. Era vescovo di St. Louis quando, nel 2008, Benedetto XVI lo chiamò a Roma per affidargli il supremo tribunale vaticano, vista la fama di grande canonista che ha sempre accompagnato il prelato. Due anni dopo, arrivava la creazione cardinalizia. E’ a lui – parere quasi unanime Oltretevere – che bisogna risalire per conoscere l’ispiratore delle principali nomine episcopali riguardanti gli Stati Uniti, tutte o quasi improntante a un marcato conservatorismo. Alcuni di questi vescovi sono stati perfino ordinati da Burke in persona.

“NIENTE COMUNIONE A CHI E’ ABORTISTA”

Sostenitore accanito della difesa dei princìpi non negoziabili, deciso a negare la comunione ai rappresentanti politici filoabortisti, chiuso a ogni mutamento della prassi pastorale verso le situazioni difficili (divorziati e omosessuali compresi), aveva la scorsa estate espresso pubblicamente sorpresa e perplessità per quella frase del Papa – “chi sono io per giudicare?” – che relativa ai gay aveva fatto il giro del mondo. Nel recente Sinodo sulla famiglia, è stato il capofila dello schieramento conservatore, bacchettato da Francesco come troppo sicuro d’avere sempre una risposta a tutto.

LA SOSTITUZIONE NELLA CONGREGAZIONE PER I VESCOVI

Già lo scorso inverno, per Burke era arrivato il primo campanello d’allarme: a dicembre, infatti, il Papa aveva deciso di non confermarlo tra i membri della congregazione per i Vescovi, dove il suo peso era stato fino a quel momento decisamente notevole nell’orientare su posizioni conservatrici l’episcopato soprattutto nordamericano. Al suo posto, Francesco designava il più moderato cardinale di Washington, Donald Wuerl.

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