La situazione italiana è paragonabile a quella negli Stati Uniti dopo la Grande Depressione. E l’austerità europea non è una cura, ma la causa.
È la tesi sostenuta e discussa durante il Convegno “Governance europea tra Lisbona e Fiscal Compact. Gli effetti dell’integrazione economica e politica europea sull’ordinamento nazionale” tenuto nella sede del Cnr di Roma, che ha visto la partecipazione di Eros Braga, Presidente della Conferenza dei Presidenti delle Regioni e Province autonome; Vannino Chiti, Presidente della Commissione Politiche dell’Unione europea del Senato; Sandro Gozi, Sottosegretario agli Affari europei; Maria Carmela Lanzetta, Ministro degli Affari Regionali.
“Il primo passo per la costruzione di un ‘modello sociale europeo’”, ha detto Stelio Mangiameli, “il cui disegno unitario è stato enfatizzato come strumento per garantire la pace e per mantenere un elevato livello di sviluppo economico e sociale, è stato proprio quello di unificare il mercato europeo e la moneta, lasciando così all’economia e alla finanza per il ruolo di traino per arrivare, poi, all’unione politica. Le cause della difficoltà in cui versiamo andrebbero identificate nell’elevato indebitamento di alcuni Paesi, per cui l’unica soluzione sarebbe la stabilizzazione delle finanze pubbliche attraverso politiche di austerità. Da un altro punto di vista, invece, il problema è nella natura stessa dell’unione monetaria, attuata tra paesi con eccessive differenze strutturali caratterizzate da una limitata mobilità del lavoro e sorretta da una governance troppo debole e contraddittoria. Per cui, al contrario, le politiche di austerità sarebbero la causa stessa della recessione”.
Il direttore dell’Issirfa ha poi affermato: “Viene spontaneo chiedersi se l’assorbimento nella normativa nazionale, anche a livello costituzionale, del principio del pareggio di bilancio, o ‘l’approvazione del parlamento nazionale secondo le procedure nazionali’ degli accordi che ‘definirebbero le misure specifiche che lo Stato membro si impegna ad attuare’ siano veramente sufficienti”.
Mangiameli ha concluso sostenendo che “le regole introdotte in un secondo momento, per contenere gli effetti della crisi economica e per assicurare stabilità all’area euro, sono risultate particolarmente invasive dell’autonomia degli Stati membri. Si è così determinato un sistema eurocentrico, che limita gli stessi Stati nazionali. È dunque lecito chiedersi quanto questo sistema sia causa dell’insofferenza dei cittadini nei confronti delle politiche europee, come evidenziato già alle elezioni del maggio scorso dalle forze anti-europeiste”.
Giuliano Amato sul commentario (analisi del trattato di Lisbona a cui hanno partecipato 10 Paesi europei e presentato nel convegno), ha dichiarato: “Il commentario del trattato dell’Unione europea si pone delle domande che vanno oltre le singole disposizioni e le politiche giuridiche. Rispondendo a queste domande stanno cercando il progetto comune per l’Europa: se non c’è un progetto comune che cosa possiamo fare insieme in Europa. La mia domanda è ma siamo così sicuri che non l’abbiamo?”. Conclusione provocatoria quella di Luciano Violante: “Ma in Europa che cosa ci manca? Io credo che manchino leader europei, abbiamo leader nazionali, ma non leader tali che si caratterizzano con l’Unione europea”.