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Tutti i numeri grigi su disoccupazione e costo della vita

 L’inflazione è tornata in territorio positivo a ottobre, a +0,1% a/a secondo l’indice NIC e a +0,2% a/a in base alla misura armonizzata Ue. Nel mese i prezzi sono saliti di un decimo sull’indice nazionale e di tre decimi sull’armonizzato. Il dato è in linea con la nostra previsione mentre il consenso si attendeva un ulteriore calo (-0,1% a/a su entrambi gli indici).

Come prevedibile, l’aumento è interamente dovuto ai rincari di elettricità e gas sanciti dall’Autorità per l’Energia (rispettivamente del 5,4% e dell’1,7%), che hanno causato una salita dell’1,2% (m/m) delle spese per l’abitazione. In aumento (ma si tratta di rincari di natura tipicamente stagionale) anche i prezzi nel comparto istruzione (+1,1% m/m). Più sorprendente invece il rimbalzo dei prezzi delle comunicazioni (+0,4% m/m), dopo cinque
mesi di fila di calo.

Dall’altro lato, l’unica componente a registrare una flessione dei prezzi sono i trasporti (-0,6% m/m), per via della diminuzione dei prezzi dei carburanti. Tutte le altre divisioni di spesa hanno fatto segnare una stabilità o rincari limitati al decimo di punto.

Su base annua, l’unico settore a mostrare un trend deflazionistico si confermano le comunicazioni (-3,5% a/a, comunque in recupero da -8,2% a/a precedente). Viceversa,
l’unico comparto con una tendenza annua sopra l’1% è l’istruzione (+1,8%, in salita da +0,9% a/a precedente).

In sintesi, l’aumento dei prezzi di ottobre non è sorprendente ed era da noi atteso. Tuttavia, esso è interamente dovuto ai rincari dei prezzi energetici regolamentati, mentre tutte le altre componenti mostrano una tendenza di fondo molto vicina o appena superiore allo zero. In prospettiva, riteniamo che il rimbalzo di ottobre non rappresenti un’inversione di tendenza per l’inflazione, che vediamo stazionare in un intorno dello zero ancora per diversi mesi (probabilmente fino alla prossima primavera).

La disoccupazione è tornata a salire a settembre, al 12,6%. Si tratta di un massimo storico (già toccato nei mesi di novembre 2013 e gennaio, febbraio, maggio e luglio 2014). Il dato di agosto è stato rivisto al rialzo dal 12,3% a 12,5%. L’aumento di un decimo registrato nel mese è in linea sia con la nostra previsione che con quella di consenso, anche se il livello del tasso dei senza-lavoro è risultato più alto delle attese per via della revisione del dato precedente. Nei mesi scorsi avevamo sottolineato ripetutamente l’accresciuta volatilità della serie sui disoccupati, che risente di variazioni mensili molto accentuate nella forza lavoro (ciò è stato confermato dal dato di settembre).

In settembre, gli occupati sono pari a 22 milioni 457 mila unità, un massimo da quasi un anno e mezzo. Ma anche i disoccupati aumentano e raggiungono i 3 milioni 236 mila unità, un nuovo massimo storico.

Un segnale positivo arriva dal fatto che gli occupati sono cresciuti di 0,4% m/m: si tratta di un massimo da marzo del 2011. Tuttavia, ciò non ha impedito un aumento del tasso di disoccupazione in quanto più che compensato dalla crescita delle forze di lavoro (+0,5% m/m, un record dall’aprile del 2012). Infatti, gli inattivi sono scesi di -0,9% m/m (un record dall’aprile del 2008), e il tasso di inattività ha toccato un nuovo minimo storico al 35,9%. Di conseguenza, il tasso di occupazione è salito al 55,9%, un massimo da più di un anno e mezzo.

La disoccupazione giovanile (nella fascia d’età 15-24 anni) è calata al 42,9% (ma il dato del mese scorso, al 43,7%, era molto vicino a un massimo storico).

In sintesi, il dettaglio dell’indagine su occupati e disoccupati di settembre è meno negativo di quanto non desumibile dal solo aumento del tasso di disoccupazione. Infatti, si nota un incoraggiante rimbalzo degli occupati. Il vistoso calo degli inattivi potrebbe derivare in gran parte da accresciute necessità economiche ma in parte anche da una attenuazione dell’effetto-scoraggiamento. In sostanza, il mercato del lavoro è in via di stabilizzazione: per i prossimi mesi non ci aspettiamo che il tasso dei senza-lavoro possa superare significativamente i recenti massimi; d’altra parte è prematuro pensare che possa avviarsi un trend di calo. La disoccupazione giovanile è scesa ma solo in misura modesta dai massimi, e resta sui livelli molto preoccupanti.



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