E’ morto in silenzio, allontanandosi da noi Igor Mitoraj, lo scultore dei giganti feriti.
Le sue opere in bronzo realizzate in grandi dimensioni ed in parte con arti mozzati erano un monito contro lo scempio delle sculture dell’antichità ma anche una riflessione sulla precarietà del vivere.
La critica lo ha definito un gigante della scultura del ‘900 radicato sino in fondo nella tradizione classica.
Tre i luoghi mitici nella sua formazione e del suo itinerario artistico: la Provenza, Parigi e soprattutto Pietrasanta con la sua cornice dei marmi delle apuane.
Impossibile guardando le sue opere non sentirsi precipitare nella perfezione della classicità.
Tutto il mondo, dagli Stati Uniti all’Europa, non potrà mai dimenticare i pezzi di arti, le monumentali teste agiate che raccontano le fratture, la perdita d’identità e la stessa fragilità dell’essere umano contemporaneo. “Come il volto sensuale di Eros Bendato, adagiato nello scenario antico della Valle dei Templi di Agrigento, testimone di una compiutezza perduta che è al tempo stesso tensione verso l’universo”.
Là nella Valle dei Templi le 17 gigantesche statue bronze convivono con i capolavori dell’antichità e ricreano una perfezione periclea.
La madre polacca di origini ebraiche (e deportata dalla Polonia) sopravvive ai bombardamenti di Dresda e la stessa decide di riportarlo a Cracovia. Da lì Parigi e poi il Messico e l’influenza della grande cultura del rinascimento italiano.
E una volta giunto a Pietrasanta la lezione di Michelangelo (scolpire interi blocchi di pietra per sottrazione) deve essere stato un richiamo fortissimo.
Se ne va un grande del ‘900.
Non lascia eredi ma il viandante che attraversa la piccola Atene (Pietrasanta) o il turista affannato della Valle dei Templi non potranno che sentire il vento caldo ed avvolgente della bellezza universale e della precarietà del vivere.