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Il super sole tra i fili dell’alta tensione

– C’è un super sole tra i fili dell’alta tensione. Senza il genio degli ingegneri, non si può avere poesia – .

E scatta l’interruttore, si accende la luce. E vedo, tra le rotaie, W. Wordsworth che guarda il marmo di Isaac Newton là al centro della cappella del Trinity College di Cambridge. La statua che fa memoria del passato di un uomo che rappresenta il futuro costruito con la scienza e la tecnica. L’uomo che la luce del super sole tra i fili dell’alta tensione l’ha saputa catturare e sfrangere dentro al prisma facendo esperienza di laboratorio dell’arcobaleno di natura. Uno che, malgrado poggiasse sulle rotaie della scienza e della tecnica, ha saputo prendere per la tangente.
Guardi i fili dell’alta tensione attraverso cui il sole, che tramonta dentro la bocca di Oceano, ti sembra dentro due calze autoreggenti di quelle da sexy star, e pensi che quei fili non sono che un sistema di collegamento di luce e vita. Connessioni artificiali che emulano i reticoli dove viaggiano gli impulsi dell’intelligenza umana.
Guardi i cavi dell’alta tensione dove si sfrange il sole e ti sembra di essere di fronte alla metafisica di Piero Guccione. Guardi i cavi nei quali vedi tutti colori in cui si sfrange la luce e senti tutti gli odori di cui si veste il porfido tra i binari. Un groviglio di progresso che profuma di porfido.
Sei di fronte al rigo di uno spartito che pretende che tu incida la tua melanconica solitudine in note.
Guardi i cavi e vedi linee che si perdono nell’infinito che dividono l’infinito del cielo in due mondi.
Il filo teso dell’arco di Ulisse la cui ombra si riflette per un attimo sul vetro della tua carrozza mentre dell’arco sta appunto tendendo il filo prima di scoccare il dardo che attraverserà gli infiniti scuri.
Un Ulisse del quale l’ombra raccoglie tutte le fatiche. Troppe prove, troppe astuzie, troppa Penelope, troppo Telemaco. Un Ulisse ancora una volta appeso a un filo. Là, sopra al suo legno, tende la vela e fila via. Perché Oceano se lo mangi. In un filo di verso, quello del tramonto. Più di la che di qua.

io sono parte di tutto che ho incontrato / ma ogni esperienza è un arco attraverso il quale / balugina quel mondo non percorso il cui margine svanisce / per sempre e per sempre quando muovo

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