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Il trasformismo confusionario di Renzi

Oltre l’alluvione che mette in ginocchio il nostro bel Paese e le performance del giovane toscano che ha mandato a Bruxelles una virtuale, molto virtuale manovra di ben 36 miliardi (?), chissà se i giovani che si sono mischiati ai lavoratori e ai moltissimi pensionati che hanno sfilato e sfileranno nelle strade e nelle piazze capiscono cosa sta succedendo.

Ma chissà se i nostri giovani e giovanotte si sono chiesti perché tanti loro coetanei lavorino a Londra, mentre i giovani inglesi che lavorano in Italia sono così pochi? Tutti alla rincorsa della svalutazione economica dell’euro e della favola dell’autonomia della valuta capeggiati dalla CGIL e penta stellati nonché leghisti , senza ricordarsi (nessuno!) che la Thatcher evitò il declino con le sue riforme, dunque a Renzi almeno l’onore della scelta fatta nel correre nel semestre europeo a fare politica di relazione.

Si’, ma, però nella chiarezza, ragazzi e ragazze mie! Così ragioniamo prima di tutto di alleanze. La regola dell’allearsi virtuosamente consiste nel trovare forze diverse che convergono nel rendere possibile quel che è necessario così come facevano i grandi leader una volta. La parte viziosa s’incarna nel tentativo di rappresentare sentimenti e interessi fra loro inconciliabili.

Come si comporta Renzi? Vediamo un po’ : l’alleanza evidente Berlusconi/Renzi Alfano /Renzi è nata malino e sopravvive pericolosamente poiché incardinata come opera del giovane toscano sulla trasformazione della sinistra oberata di ideologismo: dunque battaglia dentro al partito tra renziani e tradizionalisti e ossequio comunque al centralismo democratico che rimane stalinismo. E’ l’idea che il partito conti più della collettività, che la fedeltà valga più della libertà.

Non è un caso che oggi Renzi pretenda che a quel principio si attengano i suoi oppositori, ora in minoranza come lo fu lui. Poi il giovane Renzi sbatte la porta in faccia a Camusso e flirta con Landini. Renzi nel suo far da sé però percorre vecchi schemi: nei fatti l’idea che la politica possa togliere allo Stato per dare agli elettori, consumare oggi per lasciare al domani il compito di pagare, che è alla radice del processo che ha trasformato una poderosa macchina produttiva in un trabiccolo indebitatissimo, con il motore ancora vivo ma agonizzante.

Così è nata la nuova era para /giustizia optando per l’alternanza: colpevolezza non può comportare ostracismo, e poi però i manager inquisiti devono essere allontanati, salvo affermare che un manager inquisito deve restare al suo posto, dopo avere stabilito che al loro posto rimangono i sottosegretari in quelle condizioni, mentre vanno in galera i parlamentari per i quali si chiede l’arresto, anche se solo indagati e non ricorrendo neanche uno dei motivi per cui un qualsiasi cittadino dovrebbe poter essere privato della libertà.

A me pare ci sia un tantino di confusione e di trasformismo. Il giovane esuberante Presidente del Consiglio annuncia la fine dello statuto dei lavoratori e dà una spallata all’articolo 18; dice di essere un bipolarista e di volere una legge elettorale che stabilisca chi vince, e la vuole subito ma non ha senso perché se si vota subito si vota anche per il Senato e quella legge non potrà mai funzionare. Ma dice: si vota nel 2018, ma come ci arriviamo, al 2018? La maggioranza di governo già oggi si regge con parlamentari eletti da elettori di destra in continua transumanza, ci arriviamo con un connubio che tenga assieme i riformisti, che porti un patto non conosciuto se non a Renzi e Berlusconi sui temi economici, come qui sostenuto fin dall’inizio? Renzi continuerà enunciando riforme che poi non potranno farsi? A me non convince uno che assesta schiaffoni, anche solo verbali, senza alcun timore reverenziale e non mi spiego neanche che da qui parta la popolarità di Renzi che è chiaramente compromessa comunque dallo scarto evidente tra quanto ha detto e quanto ha concretamente fatto da quando ha messo piede a palazzo Chigi. Massacra obiettivi su cui accanirsi (Commissione Europea articolo 18, stipendi e pensioni d’oro, salotti buoni e poteri forti, le Regioni brutte e cattive che spendono troppo e via andare, apparendo colui che abbatte tabù culturali, specie a sinistra. E attribuisce a questa funzione di “distruzione creativa” una tale importanza da perdonare a Renzi tutte le pecche che mostra da primo ministro.

A me induce al deleterio populismo, e dosi massicce e crescenti di quest’ultimo sono nemiche del “buon governo”. Il vero pericolo però caro giovane toscano viene dai mercati finanziari e la caduta di Berlusconi nel novembre 2011 è lì a ricordarlo e a ricordartelo. Sì perché l’alternarsi del su e giù delle borse e degli spread non sono legati alle performance italiane renziane e non sarà raccontando che questa manovra è destinata ad entrare nei libri di scuola a far cambiare opinione a chi sta nuovamente valutando se scommettere sulla (non) tenuta dei debiti sovrani dei paesi europei più deboli, dalla Grecia all’Italia, e dell’eurosistema nel suo insieme.

E’ inutile sfidare l’Europa e i suoi vincoli per fare qualche miliardo di deficit in più se poi quella maggiore esposizione non produce pil perché è insufficiente e mal utilizzata, cioè non induce nuovi investimenti, che sono l’unica leva che può risollevare la crescita. Oggi come ieri dall’inizio della crisi la spesa corrente è rimasta sostanzialmente invariata mentre quella in conto capitale è crollata del 38% . Attendiamo così lucidamente e attenzionati – come dicono i carabinieri! – il testo di una legge di cui manca il testo, perché per rilanciare l’economia è necessario un piano – tra riduzione massiccia dell’imposizione fiscale sulle imprese e investimenti pubblici – a sostegno del quale servono ingenti risorse e dunque da dove vengono prese?

Noi siamo sempre dell’opinione che si compenserà queste minori entrate e maggiori uscite con un massiccio intervento di riduzione una tantum del debito pubblico (e quindi anche degli oneri finanziari, circa 80 miliardi nel 2014, sul debito stesso). Sia con alcune riforme capaci di ridurre in modo strutturale la voragine della spesa pubblica, a cominciare da una drastica semplificazione del decentramento amministrativo e dalla sanità riportata in capo allo Stato centrale, sia con un’operazione straordinaria sul patrimonio pubblico non solo ceduta a Cinesi e Russi che stanno comprandosi l’Italia. Gli strumenti della speculazione finanziaria contro i nostri titoli del debito e contro l’euro capeggiati dalla troika ricominciano gagliardamente e corvacei in queste ore a volteggiare su palazzo Chigi.

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