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Jobs Act, ecco quanti italiani vogliono rottamare l’articolo 18

Tutti pazzi, o quasi, per il Jobs Act renziano. La riforma sul lavoro in discussione in Senato è conosciuta solo dal 49% degli italiani e di questa percentuale solo il 50% la giudica nel complesso positivamente. E’ l’ultimo sondaggio di Lorien Consulting, in collaborazione con Italia Oggi, ad approfondire il provvedimento che tanto sta accalorando la politica e i sindacati e ad analizzarlo punto per punto.

I PUNTI FAVOREVOLI
Quello più contestato, l’abolizione sull’articolo 18, è accettato dal 74% degli intervistati. Più apprezzati la riduzione delle forme contrattuali per una forma unica a tutele crescenti (condivisa da quasi il 90% dei cittadini) e la riforma degli ammortizzatori sociali e dei servizi per l’impiego (88%).

IL PUNTO CRITICO
A sorpresa l’elemento più critico è la proposta di destinare parte del Tfr in busta paga. Il 52% ritiene che un provvedimento di questo tipo metterebbe in difficoltà le imprese, solo il 16% sostiene che si tratta di un provvedimento utile, mentre il 21% ritiene che semplicemente non cambierà nulla.

LA FIDUCIA (IN CALO) DEL GOVERNO
Sempre meno dolce, comunque, la luna di miele tra il Paese e il Presidente del Consiglio. La fiducia scende al 53%, registrando un -9% in tre mesi e attestandosi sulla stessa percentuale del Governo Letta nel periodo.

INTENZIONI DI VOTO
Ciò naturalmente pesa sulle intenzioni di voto. La delusione delle aspettative riposte nel governo allontana molti elettori da Renzi e li consegna all’astensione. Il Pd perde in un mese due punti, passando al 38%. Non si tratta di elettori persi per sempre, precisa Lorien, ma di elettori che oggi si dichiarano indecisi sul proprio voto.

Il rovescio della medaglia è che a trarne vantaggio sono i partiti composti da elettori fedeli e militanti, in particolar modo il M5S e Forza Italia. Il partito di Beppe Grillo sale al 23%, quello di Silvio Berlusconi al 16%. In difficoltà più o meno tutti gli altri ad eccezione della Lega Nord, che si mantiene stabile.

Nessuno approfitta poi del grande spazio che la politica liberale del premier apre a sinistra del Pd. L’offerta, oltre ad aver subito la progressiva erosione da parte del M5S, è ancora inconsistente, molteplice o frammentata e al momento fatica a trasformarsi in voti.

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