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Jobs Act e articolo 18, tutte le domande ancora senza risposta

Alla fine il governo ha presentato al Senato il maxi-emendamento alla legge delega sul Jobs Act, sulla quale ha chiesto la fiducia. Nella mattinata si erano rincorse voci sul suo contenuto, in particolare dopo una nota di Palazzo Chigi nella quale era specificato che l’emendamento avrebbe affrontato chiaramente il tema dell’articolo 18.

LE RASSICURAZIONI

Già nella giornata di ieri era stato da più voci sottolineato come la delega avrebbe concessi ampi spazi al governo per legiferare sui temi da essa contenuta, e che i chiarimenti sui temi ancora non ben definiti (quale l’articolo 18) sarebbero arrivati in aula con un discorso del ministro Giuliano Poletti.

LE PAROLE DI RENZI

Renzi in serata nell’elencare brevemente i contenuti del provvedimento ha detto che esso prevede “il superamento dell’articolo 18” ma dubbi permangono sui contenuti della delega sono numerosi.

CHE COSA DICE IL TESTO

Questo soprattutto poiché il testo della delega emendata non presenta chiarimenti ulteriori sul tema dei licenziamenti (sul quale si sono spese pagine e pagine di inchiostro ultimamente). Si parla, come nel testo presentato ormai 3 settimane fa, della “previsione, per le nuove assunzioni, del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio”.

LA POSIZIONE INCERTA

Nessun dettaglio quindi su quali siano queste tutele, e soprattutto sul mantenimento o meno, e in che termini, dell’articolo 18. Sembra che le numerose discussioni di questi giorni, che hanno messo in seria difficoltà la tenuta interna del Partito Democratico, non siano servite al premier per uscirne con una posizione forte e di rottura con le logiche del passato da lui molto criticate.

LE PAROLE DI POLETTI

Non ha aiutato certamente la bagarre scatenatasi durante l’intervento in aula del ministro Poletti, che ha così dovuto interrompere il suo discorso senza chiarire alcuni passaggi della delega e soprattutto dei contenuti dei futuri decreti attuativi.

GLI INTERROGATIVI

Leggendo quindi il contenuto della delega emendata sorgono diverse domande che il governo dovrà porsi nei mesi che ha a disposizione per i decreti delegati. In particolare, la reintegra verrà prevista anche per i licenziamenti disciplinari o solamente per quelli discriminatori? E poi, il fatto che le tutele sono crescenti implica che in un certo momento del contratto vengono ripristinate le vecchie tutele previste dallo statuto dei lavoratori? Sono domande legittime visto il fatto che l’articolo 18, già nella versione della delega del 19 settembre, non veniva affatto abolito, lasciando il dubbio che le tutele da esso previste potessero essere ad un certo momento ripristinate.

LA DELEGA IN BIANCO

Tanto rumore per nulla, al momento. Tutto è ancora nelle mani del governo che riceve una delega talmente ampia da poter potenzialmente cambiare molto della normativa del lavoro in Italia. I commenti positivi sul Jobs Act fatti dai partecipanti al summit europeo sul lavoro a Milano dimostrano che il premier è riuscito a convincere Merkel e Hollande che i decreti delegati conterranno la tanto sperata rivoluzione. L’ultimo scoglio è il passaggio alla Camera, superato questo il Jobs Act non dovrà più affrontare le turbe parlamentari.

LA REALTA’ DEL MERCATO DEL LAVORO

Resta solo un problema, la realtà del mercato del lavoro italiano. E la realtà di un lavoro che è in trasformazione continua. Le riforme strutturali non sono necessaria perché le richiede l’Europa, sono necessarie perché unica condizione (insieme alla crescita economica) per un futuro del nostro Paese. Sicuramente i famosi investitori stranieri sarebbero stati più sollevato leggendo una delega dettagliata, senza dover attendere altri sei mesi di incertezze. Renzi ha solo rimandato una sfida sulla quale è chiamato a rispondere: o accettare (e l’abolizione dell’articolo 18 sarebbe un segnale in questo senso) la partita della modernità o rimanere attaccato a fragili equilibri, accompagnati da vecchie logiche. Ora che la delega è approvata la partita è tutta in mano al governo e qui si parrà la sua nobilitate. Sei mesi sono tanti, dobbiamo augurarci che non si perda tempo, per non trovarci in primavera nella stessa situazione.


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