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Mamma radio non ti abbandona mai, neppure a 90 anni

“Il giorno in cui ci dovesse essere l’ecatombe terrestre stia pur sicuro che le notizie essenziali su come mettersi in salvo ci verrebbero date dalla radio. Perché la radio è l’unica che non si ferma mai”. Questa frase mi fu detta qualche anno fa da un funzionario Rai addetto alla messa in onda dei programmi televisivi che riconosceva così l’essenzialità di quella che, a torto, viene talora considerata la sorella povera dei mezzi di comunicazione. La radio in Italia compie 90 anni e basta dare una rapida lettura alle statistiche per vedere come goda di ottima salute. Decine di milioni gli italiani che ogni giorno, anche solo per pochi minuti, accendono la radio per svagarsi o informarsi. Un mezzo non invasivo, che non richiede una particolare concentrazione all’ascolto, ma che accompagna molte ore della nostra vita. Quanti sono i negozi con il sottofondo musicale? Quasi tutti. E quanti sono abituati a guidare con l’autoradio sempre accesa? Quasi tutti. E moltissimi sono anche i ragazzi che sono in grado si studiare solo se, magari a volume basso, sono sintonizzati sul loro canale preferito. Certo, la radio si è molto trasformata negli anni.

Da strumento informativo dello Stato durante il regime a mezzo con cui diffondere una cultura popolare di massa durante gli anni di Bernabei, attraverso i radiodrammi, la lirica, la lettura di brani della letteratura mondiale. Poi è stata innovazione al passo della gioventù, con le classifiche musicali delle canzoni più popolari. E, ovviamente, è stata ed è anche racconto sportivo, con la trasmissione ancora oggi più celebre di tutte, Tutto il calcio minuto per minuto. Infine, la radio è stata il primo mezzo di comunicazione ad aprirsi al pluralismo delle idee e dei generi, quando, a partire degli anni Settanta, sorse il fenomeno delle radio libere. Un pullulare di esperienze e di diversità, spesso trasmesse con mezzi di fortuna, che raccontavano l’Italia, comune per comune, quartiere per quartiere. Un fenomeno oggi drasticamente ridotto a causa delle normative più stringenti e degli alti costi gestionali ma che comunque, soprattutto in provincia, cerca di sopravvivere. Un movimento culturale e di intrapresa che ha generato solide realtà come Rds, Rtl, Rmc, Radio 105, in grado di competere alla pari con un gigante come la Rai, con la radio pubblica che si è saputa radicare nel gusto degli ascoltatori con la sua tripartizione tra canale informativo, canale di intrattenimento e canale culturale. I novant’anni di trasmissioni sono quindi solo una prima tappa, perché la radio, con la sua immediatezza e facilità d’uso, non si fermerà mai.


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