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Perché in Calabria c’è un problema di igiene politica

Le oramai prossime elezioni regionali in Emilia-Romagna e in Calabria stanno ponendo un problema politico serio: quello delle alleanze del Partito Democratico. Con questo, si sta mettendo in discussione il credo del suo elettorato, non solo di quello tradizionale ma anche di quello acquisito da Matteo Renzi nel conseguire il 41% all’europee. Si stanno così affacciando ipotesi nuove nella più attuale agenda politica.

Riassumendo, nelle due regioni viene a proporsi la ripetizione della formula che sta garantendo il governo del Paese. Ciò in contrasto con la storia della sinistra italiana, egemone tra gli emiliano-romagnoli e “vivacemente” alternante con la destra nella gestione della Regione Calabria.

Di conseguenza, vengono fuori verità e bugie. Rispettivamente, da parte di chi si oppone agli inciuci e da parte di chi li condivide. Il tutto, con verosimili ricadute sul piano della raccolta del consenso libero e democratico. Quello che ha consentito, per oltre un cinquantennio, alla sinistra italiana di assumere il peso che ha e godere della stima che raccoglie a livello internazionale.

I cittadini storcono il naso alle vociferate strane alleanze, ritenute culturalmente inaccettabili e ideologicamente contraddittorie, anche perché delusi da quel rinnovamento che non c’è e che vuole far passare per nuovo, nelle scelte decentrate, ciò che c’era. Non solo. Sono scandalizzati dai tentativi di aggregare chiunque, persino quelli che rappresentano il peggio, pur di conseguire il successo.

Come dire, abbiamo il dovere di vincere a tutti i costi. Anziché farlo con i programmi che sanno di risanamento economico e di crescita pensiamo a conseguire comunque la vittoria, portando a casa il Governatore, salvo poi lasciarlo (in Calabria che ha una legge che lascia temere il peggio in tal senso!) alla mercé delle maggioranze millesimali garantite dai capobastone della peggiore politica clientelare. Dunque, imbarchiamo chiunque, anche quelli che hanno costituito l’esatto contrario di ciò che i progressisti onesti hanno combattuto, sino a perdere la vita nelle relative battaglie ideali.

Insomma, in tali regioni, si registra una sorta di innaturale emergenza verso le logiche utilizzate per esercitare la più bella arte del mondo, la politica, funzionale a governare la res pubblica del territorio, Regioni e Comuni, nell’interesse assoluto delle collettività. In Calabria molto di più. Ivi sta emergendo un problema di “igiene politica”. Quella che ai tempi di Enrico Berlinguer e di Aldo Moro veniva tutelata con una sana profilassi. Quella di distinguere criticamente le idee contrapposte, di investire sulla storia delle persone e sulle culture più adatte a rappresentare il rispettivo progetto. Una precauzione corretta a selezionare la classe dirigente nella ricerca del consenso, prima, e alla quale delegare l’esercizio del governo, successivamente.

La trascuratezza di oggi nei confronti della scelta sicura delle rappresentanze, a tutto vantaggio dei risultati da conseguire a tutti i costi, fa venire meno la partecipazione attiva. Quel veicolo che, tradotto in adesione ai partiti, consente la crescita sociale e garantisce la maturità dei delegati al governo del Paese, inteso come Repubblica, in quanto tale costituito dall’insieme indissolubile dello Stato, delle Regioni e degli enti locali.

Ecco il perché della caduta del tesseramento nel PD, che fa fatica a registrare i risultati di ieri. Ecco il perché delle primarie disertate in Emilia-Romagna (solo in 50mila a votare), ove gli eserciti non ci sono da tempo. Ecco il perché, invece, degli oltre 110mila votanti in Calabria, molti dei quali in organico alle truppe promiscue che l’hanno governata di fatto sino a ieri, da una parte e dall’altra, alle quali si tenta di fare oggi riferimento per creare maggioranze maleodoranti. Un pericolo, quello dell’ibridismo rappresentativo, che sembra scongiurato per una scelta dell’attuale candidato a Governatore che viene così a proporsi – ancorché da usato – come un buon esempio di rinnovamento. Si spera che sia il sintomo della migliore alba portatrice di una corretta e rinnovata igiene della politica, sì da esentarla dall’epidemia che pare interessarla.

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